Pain in Spain

Prosegue la lenta ma inesorabile discesa agli inferi della Spagna. L’agenzia di rating Fitch ha tagliato di un notch il merito di credito spagnolo, al livello di AA+, con outlook stabile, allineandolo a quello di Standard&Poor’s, la cui azione è iniziata oltre un anno addietro. Solo Moody’s mantiene la tripla A, ma è solo questione di tempo prima che questa agenzia, nota per il suo tempismo, si allinei alle consorelle. Chi ci segue da tempo e con regolarità aveva già odorato la puzza di bruciato proveniente da Madrid. Dal marzo 2008, per essere precisi, con reiterazione lo scorso anno.

Il declassamento della Spagna prende atto che le misure di stretta fiscale adottate dal governo Zapatero (che probabilmente cadrà alla prossima manovra correttiva, cioè tra pochi mesi), causeranno un rallentamento della crescita, vanificando lo scenario di finanza pubblica tratteggiato solo poche settimane addietro. Il punto è sempre quello: manovre di stretta fiscale senza corrispondenti misure promotrici della crescita di lungo periodo servono solo ad avvitare la situazione su se stessa. Purtroppo la Spagna non ha neppure iniziato ad attuare le riforme e le azioni che altri osservatori, ben più qualificati di noi, consideravano molto probabili un anno addietro.

E’ un vero peccato che nel dibattito politico italiano nessuno abbia preso coscienza di questa banale verità e si preferisca invece buttarla in politica, rallegrandosi di quanto la Spagna “abbia le pezze al culo” (copyright di Topolino Lupi). L’Italia non è la Spagna, nel senso che non ha un sistema bancario moribondo ed impossibilitato ad accedere ai mercati (problema che riguarda anche le big, non solo le politicizzatissime ed intossicatissime cajas), né ha un profondo deficit delle partite correnti. Tuttavia, analogamente alla Spagna, l’Italia non cresce, e sta perdendo competitività da molti anni (vedasi la dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto vis-à-vis la wunder-Germania).

Prendersela con Zapatero è cosa buona e giusta; ma devono farlo gli elettori spagnoli, non i politici di maggioranza italiani, sempre all’affannosa ricerca di un alibi per il giorno del giudizio che si avvicina a grandi passi.

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