“Ritengo che ci siano le condizioni per creare un grande campione europeo del latte” ed “entro una settimana ci sarà la proposta”. Lo dice, in una intervista alla Stampa, il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari, sottolineando che l’azienda è il cuore della cordata e sarà in grado di fare grande Parmalat una volta ”risolto il nodo Antitrust”. Appunto, quello è il problema, ma che sarà mai, Alitalia docet, giusto?
I due gruppi insieme, infatti, “sfiorerebbero il 50 per cento del mercato del latte” e le cose “sono due: o rimaniamo piccoli e contendibili, oppure riconosciamo che questa è una questione importante per l’economia agricola del nostro Paese”. Per questo “il nodo dell’Antitrust va risolto a monte”. Immaginiamo anche come. Granarolo è controllata all’80 per cento da Granlatte, una coop partecipata da circa 650 produttori di latte, più altre 22 coop (che a loro volta raccolgono circa 350 produttori). In caso i nuovi patrioti decidessero di rispondere a Lactalis, potrebbero farlo solo con un’Opa totalitaria, dovendo rilanciare sopra il 30 per cento di possesso azionario, escludendo l’ipotesi in cui i francesi decidessero di non consegnare le proprie azioni all’italica cordata, lucrandovi una robusta plusvalenza. In quest’ultimo caso, Parmalat andrebbe tolta dal listino per scomparsa del flottante. Dopo di che, a quanto le coop venderebbero a Parmalat il loro gran latte?
Si conferma che in questo paese i consumatori sono una variabile residuale, sul cui corpo passare ogni qualvolta un gruppo di capitalisti indebitati decide di consorziarsi per riuscire a tenere ancora per un po’ la bocca sopra il pelo dell’acqua, o meglio, di altra, ben nota sostanza organica. Se avessimo delle organizzazioni consumeristiche autenticamente liberali, quindi non il blocco di sfigati economicamente analfabeti che ci meritiamo, situazioni del genere sarebbero meglio contrastate.