Mentre i referendari proseguono nella edificazione del Grande Mulino Bianco che è dentro ognuno di noi, nel Pd continuano i mal di pancia sui referendum sull’acqua, come dettaglia un pezzo di Michele Arnese su Italia Oggi. Ricordando che non di sola acqua stiamo parlando bensì del complesso dei servizi pubblici locali, l’ultima trincea della spartitocrazia italiana, può essere utile spingere lo sguardo un po’ più in là, agli effetti di più lungo periodo di un eventuale ottenimento del quorum.
Parliamo di ottenimento del quorum e non di vittoria del si, perché è di tutta evidenza quale sarà il risultato. Premesso che il settore idrico necessita e necessiterà di pesantissimi investimenti, la domanda è una sola: senza concorso dei privati, a quali capitali si farà ricorso? Secondo Enrico Morando, testa pensante del Pd (e secondo il senso comune), avremo:
«Blocco dell’impiego di capitale proprio, tutto a debito, con leve finanziarie lunghissime; le banche diventerebbero il soggetto economico che domina la politica degli investimenti nel settore; il debito pubblico implicito (ed esplicito) aumenta, a carico delle generazioni future. Insomma, a me sembra che valga la pena impegnarsi per far vincere il No a questo referendum»
E se proprio si deve andare a votare, è comunque un ulteriore motivo per non spararsi sui piedi votando si, voi che dite?
Update – Anche Marcello Saponaro voterà due no ecologisti ai referendum sull’acqua. La ragione, pur se con grande fatica, avanza.