A tutti quelli che “lo sbilancio commerciale non è importante, guardate l’America”, e anche a quanti hanno desiderio di capire le differenze tra Stati Uniti ed Unione europea, segnaliamo un utile post di Dani Rodrik, che spiega perché la Grecia non è la California, di fronte ad un dissesto.
Se è vero che anche la California ha una clausola che vieta il bailout federale, è altresì vero che ci sono molte differenze con la situazione dei singoli stati sovrani europei, che Rodrik identifica. Ad esempio,
- I californiani ottengono automaticamente da Washington trasferimenti, di welfare ed altro;
- I debitori californiani non vengono esclusi dai mercati del credito, e quelli con uno stato patrimoniale in salute possono prendere a prestito dal resto della nazione. Questo accade perché non c’è un “rischio California” nel modo in cui invece esiste un rischio sovrano greco. I debitori in California operano sotto un regime legale federale e lo stato di California non può costringerli a detenere debito della California né impedire loro di rimborsare i debiti a non californiani;
- La Fed resta pronta ad agire come prestatore di ultima istanza ad ogni banca californiana (questo c’è anche in Eurozona, ormai);
- La California ha deputati e senatori a Washington, D.C., che possono spingere per interventi a contrasto dei guai dello stato attraverso canali politici (ad esempio fiscal spending, assistenza federale, riduzioni del debito);
- I californiani possono liberamente spostarsi e cercare lavoro altrove entro gli Stati Uniti;
In estrema sintesi, i californiani possono ottenere sostegno diretto da parte del governo federale (non in quanto californiani quanto perché cittadini di un’Unione federale), mentre l’eventuale bancarotta dello stato sovrano greco trascina con sé tutta la popolazione. La sintesi di Rodrik è, o dovrebbe essere, piuttosto comprensibile: la California non ha poteri sovrani ma è gestita come qualsiasi altro debitore, pur se di dimensioni rilevanti, e fa parte della governance federale. In Eurozona la demarcazione resta per linee nazionali, risentimento incluso.
A questo punto l’inferenza è piuttosto banale: l’Eurozona è in una condizione di incompiutezza strutturale. O evolve verso un assetto realmente federalista (gli “Stati Uniti d’Europa”), pur con il rilevante ostacolo delle barriere linguistiche, oppure accetta l’elevato rischio di restare una unione valutaria, visto che il famoso “fiscal compact” di cui si favoleggia è di fatto privo di elementi di reale mutualità fiscale, oltre a restare largamente indeterminato sulle modalità di cessione della sovranità di bilancio pubblico e (soprattutto) di politica economica.