Oggi sono stati pubblicati i dati finali dell’indice dei prezzi al consumo nel mese di febbraio di alcuni paesi europei. Premesso che i dati aggregati non dicono molto sulle dinamiche di prezzo, ad esempio tra settore dei beni commerciabili internazionalmente e quelli che non lo sono, il tendenziale del nostro paese, espresso in termini euro-armonizzati, tocca il 3,4 per cento. Quello francese è al 2,5 per cento e quello spagnolo all’1,9 per cento. Non serve un Nobel per comprendere che il nostro paese sta, in prima approssimazione, perdendo ulteriore competitività rispetto ai nostri partner europei.
I motivi per i quali ciò accade li conosciamo anche troppo bene: carburanti e, soprattutto, tariffe amministrate, con le ultime manovre salva-Italia (il timore è che questa definizione si risolva in una beffa, ma non vorremmo essere disfattisti). Un paese in recessione tutto fuorché mild, che malgrado ciò non riesce ad esprimere una disinflazione decente vuoi per le sopracitate manovre su prezzi e tariffe amministrate, vuoi per le vischiosità a fare scendere i prezzi di servizi non commerciabili a causa delle note resistenze corporative, si trova rapidamente ad alimentare un circolo vizioso che rischia di sfuggire di mano.
Se si somma la forte e crescente pressione fiscale, che come detto è di natura prevalentemente patrimoniale (perché quella è anelastica – nel breve periodo – alle variazioni di reddito), il passo di crescita dei prezzi (che concorre assieme all’agonizzante mercato del lavoro a deprimere i consumi) e il crescente differenziale di prezzi e costi rispetto ai nostri partner che danneggia vistosamente la nostra competitività esterna, appare chiaro che il paese è finito su un binario morto. Ma forse qualcuno pensa di risolvere il problema con una imponente deflazione salariale. Vista la surreale temperie economica in cui già viviamo in Europa, non ci stupiremmo.
Un vero peccato avere una classe politica a stragrande maggioranza economicamente analfabeta: in questo momento ci servirebbe qualcuno in grado di notare queste cose, e di uscire dal clima di surreale unanimismo in cui ci troviamo.