Non sono tanto i dati sul mercato del lavoro di febbraio ad essere deprimenti. Disoccupazione al 9,3 per cento. Persi 29.000 posti di lavoro rispetto a gennaio, colpita la componente femminile, quella notoriamente più fragile quando la congiuntura cede. Abbiamo 2.354.000 disoccupati, in aumento di ben 336.000 unità in un anno (il 16,6 per cento), probabile conseguenza di situazioni che erano state congelate ed occultate dalla cassa integrazione in deroga. Abbiamo sempre (ovviamente) un tasso di occupazione al 56,9 per cento che è la radice dei nostri problemi.
I dati su occupazione e disoccupazione sono indicatori coincidenti, nel senso che nulla prevedono dell’evoluzione della congiuntura. Allo stesso modo, come detto, questo aumento di disoccupazione riflette verosimilmente il venir meno di ammortizzatori sociali in situazioni aziendali compromesse. Quello che appare evidente, dalle ultime rilevazioni, è che il mercato del lavoro tedesco resta tonico, mentre in media quello del resto dell’Eurozona (non solo PIIGS ma anche Francia) è in costante deterioramento. Senza invocare improbabili “solidarietà”, pare di tutta evidenza che una situazione del genere, in una unione monetaria e non fiscale, è causa ed effetto di un gravissimo squilibrio, che rischia di essere esiziale. Sarebbe opportuno che, oltre a dire che “la crisi è finita”, o invitare potenziali investitori esteri a “rilassarsi”, si procedesse a tentare un’analisi, a livello comunitario, di questo fenomeno. Per non fermarsi ai soliti proclami su modelli vincenti e falliti. Gli aggiustamenti di solito riescono meglio quando non avvengono in condizioni di depressione.
Mentre attendiamo fiduciosi questa riflessione, oggi sul Sole compare un dato che dovrebbe farci riflettere, come comunità nazionale, tra un porcellum e l’altro. Secondo una indagine di CNA, per aprire una carrozzeria oggi in Italia servono 64 adempimenti, di cui 13 amministrativi, 6 di urbanistica, 20 ambientali, 20 sulla sicurezza e 8 gestionali. Già questo numero è sufficientemente raccapricciante, ma lo è ancora di più scoprire che, dal 2006, e malgrado un’enorme presa di coscienza collettiva, centinaia di ore di talk show politici televisivi, pensose tavole rotonde, il numero di adempimenti, per un carrozziere, è diminuito di sole 12 unità. Negli ultimi anni, l’introduzione della Comunicazione Unica ha inglobato cinque adempimenti, ma ancora moltissimo resta da fare, mentre entro agosto dovrebbe arrivare l’Autorizzazione unica ambientale.
Siamo troppo lenti. Anche di fronte alla necessità di cambiare passo per adeguarsi o soccombere, il paese non è riuscito a produrre un cambio di paradigma. Superfluo aggiungere che anche questo è spread. In questo quadro, in cui l’Eurozona è ormai diventata un generatore di impulsi recessivi, l’Italia evolve a ritmi insostenibilmente blandi. Come sia possibile attrarre investimenti diretti esteri in questo paese, resta un mistero. A meno, come già ipotizzato, di guidare l’evoluzione verso un processo di vietnamizzazione, i cui prodromi sono già evidenti.