Oggi Oscar Giannino ha presentato le proprie dimissioni irrevocabili da presidente di Fare per fermare il declino. La decisione giunge al culmine di una vicenda estremamente dolorosa, anche e soprattutto per chi scrive. Ma non poteva andare diversamente.
Negli ultimi due giorni abbiamo letto alcune reazioni sinceramente disgustose nei confronti di Luigi Zingales, improntate a quella dietrologia malata che ha portato questo paese a fracassarsi sugli scogli. Al di là della umana debolezza di Oscar, al quale si può solo esprimere fraterna vicinanza (e questo è esattamente ciò che esprime chi scrive), proviamo a sfruttare questa occasione per gettare le basi di una ribellione collettiva.
In molti, troppi hanno tentato di reagire a questo episodio, diluendolo e derubricandolo all’italianissimo “così fan tutti”, con aggiunta di robuste attenuanti sulla natura bagatellare della colpa di Oscar. Abbiamo assistito al solito, maledetto coro: “e loro, allora?”. No, signori. Partiamo da qui, invece: ritroviamo la memoria, sanzioniamo chi da tempo, troppo tempo, ha basato e continua a basare la propria esistenza pubblica sulla menzogna e continua a farlo, alzando la posta in gioco in un abominevole all-in con la vita della nazione. Alziamo quella maledetta asticella che ci ha finora impedito di diventare un paese adulto. O saremo perduti, anche se ormai forse è troppo tardi.
Oscar resta candidato premier del partito-movimento. Confidiamo che, se eletto, dia seguito a quanto dichiarato ieri, e rinunci al seggio. Sarà il miglior viatico per la rivoluzione silenziosa che lo porterà nella storia di questo paese.