Ripetiamolo alla nausea: non c’è nulla di sconvolgente nella campagna di stampa in atto in Germania sulle ricchezze (vere o presunte) dei paesi del Sud Europa che sono in assistenza o che potrebbero finirvi, come il nostro. Nessuna sorpresa, quindi, che anche lo Spiegel di questa settimana dica la sua, con toni da giornale popolare anziché da “autorevole” magazine dedito alle analisi. Questa reazione è verosimilmente (ma non esclusivamente) frutto dell’affermarsi di correnti anti-euro della società tedesca che prendono la forma partitica e divengono particolarmente vocali. Il problema è nell’immediato metodologico, in termini di qualità dei dati utilizzati, ma ha anche importanti ricadute politiche, nell’accidentato percorso che dovrebbe portarci all’unione bancaria europea.
Riguardo il problema metodologico, vi rinviamo alla lettura dell’editoriale di questa settimana di Wolfgang Münchau, il “tedesco antitedesco” che dalle colonne del Financial Times picchia come un fabbro sui tic e le ossessioni finanziarie del proprio paese. E’ un pezzo suggestivo nel senso etimologico del termine, perché suggerisce l’ipotesi che da tempo non esista più un unico euro, anche in assenza di controlli formali sui capitali, come quelli appena introdotti da Cipro. Di questo e dei problemi metodologici e di qualità dei dati utilizzati nello studio della Bce parleremo a breve. Ai fini di questo commento è utile segnalare l’utilizzo malizioso da parte tedesca della statistica.
La stampa tedesca enfatizza infatti il dato mediano della ricchezza per nucleo familiare, mentre quello da osservare sarebbe in realtà quello medio. Il motivo lo spiega in modo molto preciso lo stesso Münchau:
«Nel frenetico dibattito riguardo questi numeri, il focus è sulla ricchezza mediana – la statistica che fornisce in modo puntuale l’esatta metà se si dovessero classificare le famiglie per ricchezza. Guardando alla mediana, il gap diventa ancora più estremo. In paesi con differenziali di ricchezza estremamente ampi, come la Germania, dove alcuni super-ricchi possiedono una grande quota delle terre e degli immobili, la mediana è significativamente più bassa della media»
Già questo basterebbe a rimettere la discussione su basi meno isteriche. Anche se, come vedremo, i termini politici della questione non variano in modo rilevante ma si limitano ad essere posti in modo meno teatrale. Ancora Münchau:
«La mediana è la statistica da citare quando volete affermare che il tipico tedesco è più povero del tipico spagnolo. Ma questa è un’affermazione priva di senso perché è basata su su distribuzioni entro i paesi. Se volete confrontare tra paesi, è meglio prendere la media. Il differenziale non è così eclatante ma è ancora molto ampio»
A questo punto, per spiegare la frammentazione tra gli euro nazionali, Münchau ritiene che il differenziale tra i valori di ricchezza immobiliare nazionale sia frutto di una sorta di più generale inflazione indotta dall’euro, che colpisce anche i beni commerciabili a livello internazionale (tradeable goods) e che alla fine imporrà che qualcuno lasci l’Eurozona o ricorra ad una valuta parallela. La tesi non ci è chiarissima: l’aumento nel livello dei prezzi post-euro potrebbe avere altre cause, come l’aumento di offerta di moneta causato da flussi finanziari internazionali, quindi per il momento sospendiamo il giudizio sulla tesi di Münchau.
Quello che rileva, ai fini del tema che stiamo affrontando in questo momento (la “ricchezza” dei mediterranei, che devono quindi pagare cara la loro indisciplina fiscale, vera o presunta, attraverso forme di imposizione patrimoniale locale), è che l’argomentazione dei tedeschi arriva al momento giusto per spingere le ristrutturazioni bancarie in un’unica direzione: la massima compartecipazione di risparmiatori ed investitori agli oneri di risanamento e liquidazione degli istituti in dissesto. Questo ve lo abbiamo già segnalato, discutendo della voce dal sen fuggita del capo dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, poi maldestramente derubricata a fraintendimento linguistico.
Quello che è verosimile attendersi, quindi, è una evoluzione della filosofia dei salvataggi (sovrani e bancari) in direzione opposta alla mutualizzazione. Quindi si, Cipro è un caso a sé stante ma anche un modello per i futuri salvataggi, come vi abbiamo già segnalato. Riguardo la patrimoniale finalizzata al salvataggio dei sovrani, qui le cose sono più complesse. Intanto, i dati della Bce che hanno causato la sollevazione popolare tedesca sono vecchi e, per alcuni paesi, si riferiscono alla fase precedente allo scoppio della bolla. In secondo luogo, occorre considerare che ci sono paesi (il nostro, ad esempio) il cui mercato immobiliare è completamente illiquido, anche se tale illiquidità non si è ancora trasformata in crollo dei prezzi ma solo delle compravendite.
Dovesse giungere il momento dirimente della “botta secca” per abbattere il debito, che accadrebbe ad immobili che di fatto sono diventati invendibili, per assenza di compratori e di credito a lubrificare il mercato, dopo la “prova generale” di patrimoniale rappresentata dall’Imu? Sono tutti concetti e criticità che i lettori de “La cura letale“ conoscono da molto tempo, ma è utile ricordarli. Nel nostro futuro c’è il rischio di una gigantesca compensazione tra debito pubblico e ricchezza privata. Sarà la perfetta nemesi per tutti i cialtroni di casa nostra che negli scorsi anni si sono pavoneggiati con le virtù dell’Italia paese di risparmiatori compulsivi immersi in un benessere rinascimentale. E, detto incidentalmente, sarà la perfetta nemesi anche per un’altra categoria di cialtroni, quelli che credono che una patrimoniale straordinaria possa mondare l’umana esistenza dalle iniquità che la angustiano. Un po’ come è andata a finire con la riforma delle pensioni, ricordate? “No a riforme per fare cassa, si utilizzino gli eventuali risparmi per il welfare, ad esempio per gli asili nido o per il quoziente familiare”. Certo, certo, abbiamo visto.
Manco le analisi, sapete fare. Ed il vostro pensiero strategico si limita a giochi di società sul nome del prossimo capo dello stato. Ce lo meritiamo tutto, l’euro-esproprio.
- Lettura complementare fortemente consigliata: l’imprescindibile Paul de Grauwe.