Cari lettori, a volte il vostro titolare viene intervistato sulla situazione economica, del paese e globale. L’ultima di tali interviste compare oggi sulla versione online del Fatto. Purtroppo l’intervista, che si è svolta telefonicamente ed è stata piuttosto protratta, ha prodotto una distorsione piuttosto accentuata del pensiero del sottoscritto.
Alla giornalista ho più e più volte ribadito che quello che stavo descrivendo non erano “ricette” e neppure “auspici” ma “rischi di esiti”, sempre più probabili quanto più prosegue la situazione di stallo della nostra economia, o meglio di suo costante deterioramento. In particolare, il forte aumento della nostra disoccupazione indica (per definizione, non perché lo dica io), che le retribuzioni devono scendere per tornare in equilibrio. Come ho scritto anche ne “La cura letale“, l’esito finale di questa via crucis rischia di essere lo smantellamento (de facto, e fors’anche de iure) della contrattazione collettiva di lavoro dal livello nazionale di settore e lo spostamento della medesima sulla retribuzione a livello aziendale. Se vi sembra che non vi siano differenze tra questa spiegazione e quanto invece mi viene attribuito per virgolettato, sappiate che la differenza sta (come detto sopra) tra prevedere un esito ed auspicarlo. Posso auspicare maggiore flessibilità nella contrattazione collettiva, ma in questo momento occorre essere consapevoli che l’esito di tale processo sarà inevitabilmente una forte pressione ribassista sulle retribuzioni. Don’t shoot the messenger, ricordate?
Altra piccola nota a margine. Stiamo correndo il non trascurabile rischio di finire sotto una vera tutela della Ue, a mezzo di qualcosa che assomigli ad un memorandum ma non necessariamente porti questo nome. Ad esempio, potremmo essere i “fortunati sperimentatori” del primo contractual agreement bilaterale con la Ue, come ripeto da tempo, in cui si ottiene più tempo per il riequilibrio a fronte di interventi “veri” su mercato del lavoro, pubblica amministrazione e quant’altro. Quello che non ho mai detto, in generale e men che mai durante l’intervista, è che ciò avverrà “in cambio però, probabilmente, dell’introduzione di una pesante imposta patrimoniale“
Le parole sono importanti. Sarebbe utile non vederle stravolte in questa maniera.
MS
Aggiornamento –Â La redazione ha rettificato (vedi nota in calce al pezzo), specificando che io non auspico l’esito da me previsto (sperando peraltro vivamente di sbagliarmi), e che qualcuno (non la Ue) possa tornare a chiederci di fare una patrimoniale per compensare debito pubblico e ricchezza privata.