Analogamente a quanto proclamato lo scorso anno, quando decise di scaricare su Regioni e comuni un classico taglio lineare dopo aver magnificato le virtù della spending review, ed essersi liberato del “tecnocrate” che suggeriva il menù di tagli alla politica, Matteo Renzi quest’anno rilancia pesantemente una delle sue tante scommesse, destinate ad innalzare la probabilità di rovina nella partita che questo paese sta giocando con sé stesso.
Le Regioni lanciano il grido di dolore, sostenendo di non essere in grado di sopravvivere a fronte dei tagli previsti dalla legge di Stabilità 2016, soprattutto in Sanità, e soprattutto di quelli previsti per il triennio 2017-2019? Renzi rilancia il tema dello “spreco”, e si esibisce in una delle sue prove dialettico-muscolari che spesso scadono nell’atteggiamento da bulletto di periferia. Che c’è dietro questa posizione del premier? Intanto, questa assertività pare aver spostato l’asse strategico del rapporto con gli enti territoriali dall’esigenza di introdurre i costi standard ad una forma di “responsabilizzazione ruvida” degli enti medesimi: “sprecate troppo, arrangiatevi con tagli di spesa e non azzardatevi a recuperare risorse con nuove tasse, vanificando i tagli di tasse del mio governo”. Ora, i tagli di tasse del suo governo sono assai poco reali ma non è questo il punto.
Per caso Renzi sta perseguendo una condotta del tipo “affamiamo la Bestia regionale”? Se così fosse, sarebbe un interessante esperimento, anche riguardo alle ricadute in termini di consenso per il suo partito, che governa la maggioranza del territorio regionale italiano. Non si vuole qui difendere le Regioni, sia chiaro: è verosimile che aree di spreco vi siano, anche se generalizzare è sempre pericoloso. Ma occorre chiedersi se ed a che punto siamo ormai prossimi al punto di rottura della sostenibilità economico-finanziaria dei governi regionali. Ad esempio, siamo davvero prossimi al dissesto, all’impatto negativo sull’attesa di vita causato dalla erosione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria? Siamo davvero prossimi al collasso del sistema di trasporto pubblico locale? Esiste una effettiva ridondanza degli organici della burocrazia regionale? Se sì, quanti licenziamenti servirebbero? Comprimendo ulteriormente la spesa riusciremo ad indurre la rinascita delle Regioni, anche e soprattutto attraverso la loro “moralizzazione” oppure arriveremo all’implosione del paese? In sintesi estrema: siamo davvero al limite di comprimibilità della spesa pubblica locale?
Al netto delle drammatizzazioni, è ormai chiaro che Renzi sta correndo verso la resa dei conti con il sistema Italia. Non si può continuare a rinviare nel tempo l’aggiustamento di finanza pubblica: le clausole di salvaguardia gonfiano il tappeto sotto cui sono spinte, sino al momento in cui franano addosso al paese. Se il futuro italiano è un crac di finanza pubblica, o il cambiamento del modello sociale, con gli ovvii traumi che da esso conseguiranno, l’azione di Renzi potrà accelerarne gli esiti, anche se in modo inconsapevole ed involontario. Oppure, assai più banalmente, Renzi è solo il predestinato all’appuntamento col destino di questo sciagurato paese.