L’Era del Grande Autosputtanamento

È quella che sta vivendo questo disgraziato paese, ormai trascinato dalla sua sedicente classe dirigente (o meglio, digerente) verso i gorghi del fallimento. Anche oggi, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta di raccontarvi episodi che sembrano usciti da un film di Alberto Sordi. In realtà, qui da ridere e sorridere c’è assai poco.

Ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione parlamentare, ha detto che quella in arrivo non è una “manovrina”,

«[…] preferisco parlare di misure di aggiustamento che hanno una componente espansiva»

E quale sarà mai, la componente espansiva? Dalla nuova lettera inviata da Padoan alla Commissione Ue, apprendiamo che è stata chiesta l’estensione fino al 2020 dello split payment, cioè della liquidazione Iva da parte della pubblica amministrazione acquirente da privati, da cui dovrebbe arrivare un gettito di un miliardo, oltre a misure di correzione del deficit strutturale di 0,2 punti di Pil, che saranno formate per lo 0,05% da tagli di spesa, di cui circa il 90% dai consumi intermedi e dalle agevolazioni fiscali o credito d’imposta, e per lo 0,15% del Pil da aumento di entrate, di cui il 40% dal rafforzamento delle misure contro l’evasione come lo split payment. Il restante 60% arriverà dall’aumento delle accise e di altre imposte indirette, ma non sono previsti né aumenti Iva né tagli alle ‘tax expenditures‘ né una riapertura di voluntary disclosure. Ora, i più analitici tra i miei lettori avranno intuito che abbiamo una correzione strutturale fatta per i tre quarti da aumento di entrate. Come sarà mai possibile che l'”aggiustamento” abbia una componente espansiva?

Presto detto, almeno per Padoan. Perché, nel complesso delle manovre, è presente la spesa per la ricostruzione dal sisma infinito dell’Appennino. Elementare, caro Watson. Dire che questo surreale modo di argomentare è un insulto all’intelligenza degli interlocutori è un understatement britannico ma si sa, ormai Padoan ha deciso di percorrere la strada della demolizione controllata della propria credibilità. Chi siamo noi, per opporci? Il problema è tuttavia a monte. Sono tre anni di Renzi a Chigi buttati nel cesso con misure di deficit senza costrutto che non hanno prodotto crescita e che ora tornano a perseguitarci, chiedendo il conto. E come si risponde, a quel conto? Aumentando la tassazione. Però Padoan ci tiene a dire che le misure non avranno effetto sul settore dell’autotrasporto, perché i rialzi di accisa saranno rimborsati. Evviva.

C’è altro, dell’audizione di Padoan? Che la riduzione del debito resta “obiettivo centrale”. Beh, certo, se avesse detto che obiettivo centrale era l’aumento del debito, ora chiameremmo la neuro. Ma, dopo la vendita di Enav, dice Padoan, altre cosiddette “privatizzazioni” sono state rinviate “a causa dell’elevata volatilità dei mercati”. Ebbene, tranquilli: pur di ridurre il debito, “i lavori preparatori [ad altre privatizzazioni] saranno finalizzati nel 2017”. Che è come dire che sappiamo per certo che la volatilità dei mercati in corso d’anno ci permetterà di procedere con nuove cessioni, con cui scalfire lo stock di debito senza migliorare di uno iota efficienza e competizione del sistema. Questo è il gemello del Padoan che, a settembre, diceva “Non stiamo con l’acqua alla gola, non vogliamo svendere”. Eh no, certo. Nel frattempo, la nostra stampa sta già copiosamente salivando per capire se il nostro Pil crescerà di uno zerovirgolapercento in più, per ridurre il conto delle nuove tasse. Mi raccomando, continuate con spesa pubblica ad mentulam Renzis ad uso mance e con aumenti di entrate alla Andreotti e discendenti. Tanto poi la colpa del miserabile fallimento di un paese di clown se la prendono i tedeschi e gli “euroburocrati”.

Pungolato dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, Padoan si è detto poi favorevole alla mitologica “web tax”, “ma perché serva va applicata da più paesi”. Questo è il gemello del Padoan che da tre anni, con cocciutaggine degna di miglior causa, sta portando avanti in Europa la demenziale Tobin Tax per pochi intimi, nel quadro della “cooperazione rafforzata” Ue. Esempio mirabile di tassazione che equivale a spararsi sui piedi per il paese che la applica. E infatti l’Italia la applica, ed i risultati si sono visti. Nel frattempo, il povero scalatore del Pd e dell’Italia, al secolo Matteo Renzi, scalpita per tornare in sella, e perde progressivamente lucidità. Oggi il nostro eroe consegna ai posteri, per mezzo di Maria Teresa Meli (chi altri, sennò?) questa direttiva alla Grover Norquist de noantri sulla prossima legge di Stabilità:

«Non potrà essere lacrime e sangue, come vorrebbe qualche euroburocrate di Bruxelles, che, non a caso, non vuole le elezioni anticipate perché preferisce che a far la legge di Stabilità sia un governo a scadenza», spiega il leader del Pd ai suoi. Quindi? Quindi per il segretario del Partito democratico la «manovra non dovrà essere recessiva ma espansiva»: «Anche a costo di togliere la fiducia al governo, che si regge con i nostri voti, se fosse necessario», dice il segretario del Partito democratico ai fedelissimi. Insomma, per l’ex presidente del Consiglio il Pd «non può presentarsi come il partito delle tasse», anzi, «tocca a noi dimostrare che il centrosinistra è in grado di diminuire le imposte» (Corriere, 8 febbraio 2017)

Se pensate che ci siamo sbagliati nell’attribuzione della frase, e che in realtà si tratti di una citazione di Berlusconi, avete torto e ragione al contempo. Renzi ormai è un pugile suonato esattamente come il deCav. Stessi concetti, stesso sprezzo del ridicolo, stesse minacce da bordo campo, stesso cinismo che porta a giocare con le future tasse dei sudditi di questo ridicolo paese. Forse, l’unica cosa che manca a Renzi per durare è la capacità di spesa ma non si può avere tutto nella vita. E andiamo avanti, a fare deficit e mance, ché tanto è colpa “degli euroburocrati”. La realtà ci dice che, se oggi Padoan indossa in permanenza una maschera e riesce a narrare l’inenarrabile, è perché il signor Renzi ha fumato decine di miliardi in tre anni, senza produrre alcunché, ed ora i conti non tornano più. Ma resta colpa della Ue.

Menzione d’onore della giornata: la dichiarazione di inammissibilità, decretata dal presidente del Senato, Pietro Grasso, dell’emendamento che voleva far passare (con parere positivo dell’esecutivo) l’introduzione di 97 milioni di garanzia pubblica per un torneo internazionale di golf a Roma nel 2022, dentro il Salvabanche. La Grande Era dell’Autosputtanamento procede a tappe forzate. Ma la Realtà arriva inesorabile, e con essa il “momento Shpalman”:

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