Strano a dirsi, ma pare che il nostro legislatore per una volta abbia mantenuto una promessa. Nello specifico, quella di mettere mano alla regolazione del prestito sociale delle cooperative, a tutela del risparmio. La nuova norma, inserita nella legge di bilancio per il 2018, appare un passo avanti, anche se come sempre il diavolo si cela nei particolari.
Ne dà conto oggi sul Sole un articolo di Gian Paolo Tosoni, dove si spiega che la premessa dell’intervento è che il prestito sociale può essere impiegato soltanto per operazioni strettamente funzionali al perseguimento degli scopi istituzionali e quindi che le coop non possono essere enti di gestione del risparmio:
«Questo sta a significare che nell’ambito della cooperativa l’area finanziaria, alimentata dai prestiti sociali, deve avere soltanto una funzione accessoria e strumentale alla propria attività istituzionale»
Viene inoltre data cogenza di legge al limite massimo per il prestito sociale, pari a tre volte il patrimonio netto, che era stato introdotto nel 2016 da deliberazione della Banca d’Italia ma che non aveva modo di sanzionare eventuali violazioni. Vi saranno assoggettate tutte le coop con più di 50 soci. Quelle che ad oggi eccedono tale limite avranno tre anni di tempo per rientrare. Per ulteriori restrizioni, la competenza viene assegnata al Comitato interministeriale credito e risparmio (Cicr), integrato da un membro di Bankitalia.
C’è anche il tentativo di creare ulteriori garanzie a tutela dei soci finanziatori, in attesa che il Cicr normi un fondo di garanzia:
«[…] qualora l’indebitamento nei confronti dei soci della società cooperativa superi l’importo di 300 mila euro e risulti superiore al patrimonio netto della società , il 30% deve essere coperto da garanzie reali o personali rilasciate da soggetti vigilati (banche eccetera). In alternativa la cooperativa deve aderire a uno schema di garanzia dei prestiti sociali con le caratteristiche indicate dalla delibera che dovrà assumere il Cicr»
E ancora:
«Le cooperative devono inoltre definire modelli organizzativi e procedure per la gestione del rischio da adottare nei casi in cui il prestito sociale assuma un rilievo significativo e comunque quando eccede il limite del doppio del patrimonio netto dell’ultimo bilancio approvato. Un decreto del ministero dello Sviluppo economico, competente sulla vigilanza cooperativa, per stabilire forme di controllo e di monitoraggio in materia di prestiti sociali»
In astratto, paiono misure costruite con buonsenso. Vedremo se verrà successivamente modificata la norma sulla remunerazione del prestito sociale. Oggi ogni socio, per beneficiare dell’imposta sostitutiva del 26% sugli interessi, può prestare un massimo di 36.527,10 euro, che raddoppiano per le cooperative agricole di trasformazione e vendita di prodotti agricoli, per le coop di produzione e lavoro e per quelle di abitazione. In questi casi l’interesse non può superare di 2,5 punti percentuali quello dei buoni fruttiferi postali.
La legge di bilancio ha poi recepito l’emendamento dell’ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, collocandolo tuttavia entro la cornice delle nuove norme e garanzie, stabilendo che il rimborso del prestito sociale non è postergato agli altri debiti anche chirografari e quindi può essere pagato unitamente ai creditori non privilegiati. L’articolo 2467 del codice civile, quindi, non si applica a questa fattispecie.
In complesso, attendendo ulteriori declinazioni da parte del Cicr, tra cui fondamentale risulterà lo schema di fondo di garanzia, ci pare di poter dire che le nuove norme aumentano la tutela dei soci delle coop, riducendo i margini di libertà sin qui avuti dai manager nell’utilizzo del prestito sociale. Il sistema delle coop pare aver acconsentito di buon grado a questa normazione, anche perché lo status quo era difficilmente difendibile. Vedremo se cercheranno di allentare i nuovi vincoli, passata la Quaresima ed il momento di pubbliche relazioni.