Cacciari e la filosofia delle coperture platoniche

Oggi, su La Stampa, c’è un commento del professor Massimo Cacciari, assiduo frequentatore di trasmissioni televisive di cosiddetto approfondimento giornalistico, dove di solito si cimenta nel ruolo di chi richiama alla realtà in modo ruvido, tra sbuffi e levate di occhi al cielo. Di solito il professor Cacciari, la cui sensibilità progressista è ben nota, tende a far rilevare che il debito è fuori controllo e che il paese subisce da tempo un drammatico processo di impoverimento e accentuazione di diseguaglianze. Colpisce quindi che, di tale analitico realismo, non si rinvenga rilevante traccia nel commento di oggi.

Il punto centrale di Cacciari è che, in questo paese, servono soldi per assistere lavoratori e imprese (verissimo), e che a tale finalità non può essere destinato il Recovery Fund. Ovviamente, aggiungo io. Il preambolo di Cacciari è infatti:

Dobbiamo essere nelle condizioni di investire in progetti strategici i fondi europei per la ricostruzione con le spalle del debito coperte.

Dove trovare soldi non a debito

Che, credo, voglia dire “non facciamo altro debito oltre a quello derivante dal Recovery Fund”. E quindi usiamo “qualcosa” per gestire la spesa corrente necessaria per aiutare lavoratori e imprese. Premesso questo, ammesso di aver correttamente interpretato, dove prendere i soldi? Ecco l’idea di Cacciari, articolata in tre grandi fonti di copertura:

In Italia il patrimonio privato ammonta a 10.000 miliardi. Il 70% è in mano al 20% dei suoi detentori. Togliamo prime case e patrimoni finanziari sotto una certa cifra. Un intervento sui 4-5.000 euro appare più che praticabile e potrebbe fruttare non meno di 30 miliardi (l’equivalente di una bella manovra in tempi normali).

Quindi, patrimoniale una tantum; il cui gettito, stimato in trenta miliardi, dovrebbe essere sufficiente a comprimere lo stock di debito, nel frattempo giunto oltre i 2.600 miliardi. Trenta. Duemilaseicento. Prendiamo il gettito medio pro capite stimato da Cacciari, i famosi 4-5 mila euro. Per produrre i trenta miliardi, serve che tale contribuzione giunga quindi come minimo da 6 (sei) milioni di persone, il 10% della popolazione italiana, neonati e ultracentenari inclusi. Realistico? Valutate voi. Vero è che si tratta del famoso pollo di Trilussa, quindi il numero di contribuenti potrebbe essere sensibilmente inferiore con un multiplo di quei 4-5mila euro. A parte i dettagli minori di fuga dei capitali ed altro.

Seconda fonte di copertura, secondo Cacciari:

Abbiamo poi 1.000 miliardi di crediti erariali già sottoposti a azioni cautelari o esecutive. Non si tratta di condoni, ma di evitare che i contenziosi vadano, come sempre o quasi, alle calende greche, e liberare personale e mezzi per lottare davvero contro l’evasione, facendo finalmente emergere chi si è abilmente nascosto ai radar dell’erario, grazie anche all’illeggibilità delle nostre leggi. Se si pensasse a una sanatoria nell’ordine del 30%, almeno 100 miliardi si potrebbero ottenere.

La leggenda del magazzino crediti fiscali dello Stato

Ora, premesso che non mi è chiaro come, partendo da una “sanatoria” del 30% su mille miliardi si ottengano cento miliardi (deve essere dispersione idrica), mi duole dover ribadire quello che purtroppo è noto da molto tempo. Per farlo, mi riferisco all’audizione dello scorso 14 settembre davanti alla VI Commissione Finanze della Camera, del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, su “Individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund, con particolare riferimento a possibili interventi di riforma del sistema fiscale e della riscossione”.

In quella circostanza, l’avvocato Ruffini ribadì:

Alla data del 30 giugno 2020, il valore del carico contabile residuo, affidato dai diversi enti creditori all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000, ammonta a circa 987 miliardi di euro. Secondo una rappresentazione di tipo gestionale, tale importo è così distinto:

– 405,3 miliardi di euro, pari a circa il 41% del totale, risulta difficilmente recuperabile per le condizioni soggettive del contribuente (152,7 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 129,2 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 123,4 miliardi da nullatenenti, in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria);

– 440,3 miliardi di euro, pari a circa il 45% del residuo totale, sono riferiti a contribuenti nei confronti dei quali l’Agente della riscossione ha già svolto, in questi anni, azioni esecutive e/o cautelari che non hanno consentito il recupero integrale dell’attuale loro debito attuale. Come previsto dalla normativa, lo stesso Agente proseguirà nelle ulteriori possibili attività di riscossione sulla base delle possidenze e dei rapporti economici presenti in Anagrafe Tributaria;

– per ulteriori 50,2 miliardi di euro (5% del totale residuo), l’attività di riscossione è sospesa per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori, in forza di sentenze dell’autorità giudiziaria o, ancora, perché gli importi residui rientrano tra le quote oggetto degli istituti di definizione agevolata in corso (“Rottamazione-ter” e “Saldo e Stralcio” dei debiti delle persone fisiche in difficoltà economica)

Quindi, dopo aver classificato queste componenti di fatto inesigibili del magazzino crediti fiscali, ci restano

[…] 16,9 miliardi di euro oggetto di rateizzazione in corso e 74 miliardi di euro comprensivi anche di posizioni per le quali, in ragione di previsioni normative a tutela dei contribuenti – quali la soglia minima per l’iscrizione ipotecaria, l’impignorabilità della prima casa, i limiti di pignorabilità dei beni strumentali nonché la limitazione alla pignorabilità di stipendi, salari e indennità relative al rapporto di lavoro e di impiego – sono inibite, o limitate, per l’Agente della riscossione le azioni di recupero.

Il Btp patriottico sintetico

Temo quindi che il professor Cacciari dovrà trovare altrove i famosi cento miliardi frutto misterioso di aliquota del 30% applicata a mille miliardi. In caso, resta la terza fonte di risorse identificata dal filosofo:

E poi perché non pensare, in nome della solidarietà nazionale, a istituire  un Fondo senza interesse, con un premio “morale“, che potrebbe comunque essere riconosciuto in sede di dichiarazione dei redditi, e così segnalato agli uffici competenti, attraverso una piccola detrazione in rapporto all’ammontare della cifra sottoscritta? I conti correnti hanno oggi un rendimento sotto zero; perché, allora, se sostenuto dalle autorità morali e culturali che in questo Paese pure ancora dimorano, un tale Fondo non dovrebbe avere successo? 

Confesso che non mi è chiarissimo. Si tratta di una donazione allo Stato, compensata da “una piccola detrazione”? E che significa il riferimento ai conti correnti infruttiferi, che non di donazione si tratterebbe bensì di prestito remunerato in misura data dalla sopracitata “piccola detrazione”?

Ma se le cose stanno in questi termini, non vi pare la rappresentazione sintetica e piuttosto barocca di un Btp patriottico? Ma allora si tratterebbe di debito aggiuntivo, professor Cacciari, giusto? Che nulla ha a che spartire con una forma di imposizione patrimoniale straordinaria, di cui per definizione, non è prevista restituzione.

Ma noi non ci arrendiamo e stiamo col professor Cacciari, che pare appartenere alla scuola platonica anche riguardo alle coperture di finanza pubblica.

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