Il 12 agosto l’Istat ha reso noto il dato sulla variazione dell’indice dei prezzi al consumo nel mese di luglio. L’incremento registrato, riferito all’indice nazionale per l’intera collettività, comprensivo dei tabacchi, è stato pari allo 0.4 per cento mensile, mentre su base tendenziale annua (cioè rispetto allo stesso mese dello scorso anno) il costo della vita è aumentato del 2.1 per cento. Questo dato è stato reso noto all’indomani della pubblicazione, sempre da parte dell’Istat, di quello sulla variazione del prodotto interno lordo nel secondo trimestre, che ha visto un incremento dello 0.7 per cento sul trimestre precedente. Non commentiamo il dato sul pil, nel senso che non intendiamo unirci al coro di trionfalismi provenienti dalle fila della maggioranza. Le statistiche macroeconomiche dovrebbero essere sottratte per legge ai commenti politici, tali e tante sono le scemenze che si possono leggere ed ascoltare al riguardo. Questo rimbalzo è frutto della ripresa manifatturiera continentale, legata principalmente al precedente deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, null’altro. Sul piano metodologico, poi, pur considerando che il dato è ottenuto attraverso destagionalizzazione e correzione per il numero di giorni lavorati nel trimestre, non si può mai escludere a priori una qualche distorsione indotta proprio dal trattamento delle informazioni. Attendiamo il dato definitivo del 9 settembre. Ma ci corre l’obbligo di segnalare l’ennesima impresa de l’Unità. Nel tentativo di correre in aiuto al proprio schieramento, colto da intense fitte al fegato dopo la pubblicazione del dato, circostanza che ha temporaneamente impedito a Fassino di intimare al governo di “venire in Parlamento, perché la situazione è gravissima??, e ha costretto Prodi a tenersi nella strozza l’abituale mantra “sciono moolto preoccupaaato, ah beh beh??, il giornale di Padellaro si è gettato a capofitto sul non esaltante dato inflazionistico, e mal gliene incolse.
Giusto giovedì (11 luglio, ndr) si aveva avuto un timido segale di ripresa del Pil. Le imprese italiane ricominciano a marciare? Macchè: il maggior valore prodotto forse in parte è dovuto ai prezzi delle materie prime che salgono.
A questo punto, sarebbe possibile segnalare a l’Unità che il dato sull’inflazione è relativo al mese di luglio, mentre quello sul prodotto interno lordo è riferito al secondo trimestre dell’anno che, secondo un complesso algoritmo, dovrebbe corrispondere ai mesi di aprile, maggio e giugno. Si potrebbe anche aggiungere che il dato è riferito al paniere comprensivo dei tabacchi, escludendo i quali la variazione mensile scende allo 0.3 per cento e quella tendenziale annua all’1.9 per cento. Ma sarebbero puri sofismi. Il punto è che quello pubblicato dall’Istat è un dato reale, cioè depurato dalle variazioni dell’indice dei prezzi. In nessun caso, quindi, si può parlare di crescita economica gonfiata dal semplice lievitare dei prezzi. Ma all’Unità evidentemente non lo sanno. Per il momento, i nostri compagni economisti traggono motivo di compiacimento dalle anticipazioni di stampa sul World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, che sarà pubblicato nell’ultima decade di settembre. Secondo l’ultima stima del WEO, resa nota ieri, la crescita italiana del 2005 dovrebbe essere nulla, determinando un effetto depressivo sulla crescita dell’intera Area Euro. Abbiamo già avuto modo di dire che i modelli previsivi lasciano il tempo che trovano nel senso che, anche quando elaborati con assoluto rigore metodologico, sono fatalmente destinati ad incorporare un margine di errore più o meno consistente. Quando poi tali stime sono basate su dati non aggiornati, il discorso diventa ancor più aleatorio. Ed in effetti la stima del Fmi non prendeva in considerazione il dato sulla crescita italiana del secondo trimestre (peraltro anch’esso provvisorio), né il drammatico deterioramento dei consumi francesi che si sta verificando da alcune settimane. Nessuno nega la gravità della situazione economica di Eurolandia. Quello che si ha il diritto di chiedere è un minimo di conoscenza della materia e (soprattutto) buona fede nell’analisi. Due requisiti che evidentemente sono incompatibili con il profilo professionale richiesto ai redattori de l’Unità.
Castroneria consegnata ai posteri
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