Moral Man and Immoral Society*

di Andrea Gilli

Suona quasi strano dirlo, ma per una volta siamo d’accordo con Camillo. Specifichiamo: non perché abbiamo cambiato idea, ma perché Rocca ha detto cose sensate.

Nel suo ultimo articolo, il Nostro racconta infatti la composizione del team di politica estera di Barack Obama rilevando come, con sorpresa di molti, il presidente-eletto si stia spostando verso destra, drammaticamente verso destra.

In breve, tra i volti scelti da Obama per organizzare la Grand Strategy americana dopo otto (disastrosi) anni di George W. Bush, ci sarebbero sostanzialmente solo pragmatici e realisti. Insomma, i nipotini di Kissinger.

L’ala pacifista, interventista, progressista, democratica, verrà accontentata con qualche posizione di prestigio, ma non di peso – come Susan Rice all’ONU, per esempio. Nei ruoli chiave, dove si decide se come e quando usare la forza, ci saranno uomini più da Nixon che da Carter. Gente che guarda alla forza e agli interessi, non all’esportazione della democrazia, ai diritti umani e alla morale.

Il racconto di Rocca, a tratti, tradisce una certa malinconia. Sembra volerci convincere che le idee di Bush erano di “sinistra” e a tratti sembra rilevare con dispiacere il fatto ora sia proprio la “sinistra” ad abortirle.

Da parte nostra non c’è né sorpresa, né malinconia. Sosteniamo Obama da quando i nostri due candidati favoriti, Chuck Hagel e Ron Paul, si sono ritirati dalla competizione elettorale. Da allora, abbiamo detto: il GOP è andato definitivamente a sinistra, allora bisogna votare la “sinistra” per tornare a destra. E difatti è quello che è accaduto, come rileva pure Rocca. Obama, da sempre, ha parlato di interessi, di sicurezza, di pragmatismo. Nei suoi discorsi faceva grandi richiami ai principi, ma poi scriveva le prefazioni per le riedizioni di Reinold Niebuhr. Insomma, c’era più di un motivo per pensare che il change non sarebbe stato a sinistra, come molti di quelli che lo sostenevano si aspettavano, ma a destra, in maniera netta, secca, quasi ruvida.

D’altronde, gli USA sono all’angolo, rintronati come un pugile che abbia solo incassato senza sferrare neppure un buon colpo. Sono all’angolo da 8 anni, praticamente, grazie agli innumerevoli errori a cui li hanno portati quel gruppo di fanatici a cui si è lasciato spazio in questi anni. Altri quattro anni di politica alla George W. e gli USA sarebbero andati al tappeto. Obama lo sapeva, lo sa, e per questo è cosciente della necessità di cambiare rotta.

Yes, we can è un efficace slogan che punta al futuro, ma guarda al passato, alle vere radici americane: di George Washington, di Andrew Jackson, di Theodore Roosevelt e Richard Nixon. Quelli che guardano alla politica come ad un insieme di aspirazioni e passioni saranno delusi. I realisti, quelli che la vedono come uno sporco gioco di forza ed interessi, anche in questo caso, non sono per nulla sorpresi. Obama, condividendone il pragmatismo, non poteva che farli salire a frotte sulla sua barca.

* Questo è il titolo del libro del reverendo Reinold Niebuhr, pioniere del realismo politico negli Stati Uniti e che Obama ha piu’ volte detto di ammirare. Leggete il libro, capirete Obama.

  • Lettura complementare fortemente consigliata: Pax Corleone, da The National Interest

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