La via indiana all’anticorruzione

Il capo dei consiglieri economici del governo indiano, l’economista Kaushik Basu, ha proposto la depenalizzazione del pagamento delle tangenti come modo per abbattere la corruzione rampante del paese, basandosi su considerazioni di teoria dei giochi.

In un working paper, Basu sostiene la necessità di separare i destini di corruttore e corrotto, permettendo al primo di ottenere l’immunità nei casi in cui denunci di aver pagato tangenti per “ungere le ruote” della burocrazia pubblica, ad esempio per l’ottenimento di licenze o autorizzazioni doganali all’esportazione.

Quando il corruttore ha ottenuto ciò di cui necessitava, sapere di poter cooperare con la legge senza subirne le conseguenze (a differenza di quanto accade al corrotto, che resta perseguibile) potrebbe agevolare le denunce ed impedire la richiesta di tangenti da parte dei pubblici funzionari. Attualmente, la perseguibilità di corrotto e corruttore mantiene una solidarietà tra i due soggetti coinvolti nella dazione anche quando l’illecito si è consumato.

Potrebbe essere un suggerimento per il nostro laborioso esecutivo, che deve ancora ratificare la convenzione di Strasburgo sulla corruzione e che lo scorso anno, dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti, si era premurato di informare i sudditi che avrebbe legiferato a tamburo battente in materia. Naturalmente era uno scherzo, uno dei tanti della compagnia di giro il cui capocomico risiede a Palazzo Grazioli.

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