Durante lui, il diluvio

Non ci sono alternative a questo governo, disse il premier nel discorso di richiesta della fiducia, dopo il pasticcio del voto sul rendiconto generale dello stato. “Questo governo non avrebbe alternative credibili e le elezioni anticipate non sarebbero una soluzione ai problemi che abbiamo”

Secondo Berlusconi la maggioranza è coesa, al di là di episodici incidenti. E’ vero, ma coesa lo è per motivazioni assai poco nobili. Ma non serve fare moralismo, l’essere umano reagisce ad incentivi, in fondo. Berlusconi ha poi ribadito che, quando un premier perde la maggioranza, unica soluzione sono le elezioni, confermando di aver già modificato la Costituzione, che noi ricordavamo informasse una repubblica parlamentare, non carismatico-presidenziale, ma anche qui ci siamo distratti, evidentemente. Si metta agli atti che per Berlusconi conta solo la costituzione materiale: potrà tornare utile.

Interessante anche il fatto che il premier sia convinto che un governo tecnico non avrebbe la forza di prendere decisioni difficili imposte dalla crisi. Se così fosse, nulla distinguerebbe un governo tecnico dal governo Berlusconi. E comunque, i governi tecnici governano con un voto di fiducia del parlamento, in caso non si fosse capito. E servirebbero a neutralizzare i veti incrociati delle corporazioni, ma solo in un quadro di imminente pericolo di vita per il paese. L’attuale, ad esempio.

Il premier ha poi spiegato che “il governo chiede di avere confermata la fiducia perché profondamente consapevole dei rischi che corre il paese e perché i tempi imposti dai mercati non sono compatibili con quelli di certe liturgie della politica” Anche qui pare di leggere  una notazione autobiografica: per i dettagli vedi alla voce decreto-sviluppo.

Che dire, quindi? Che ieri il governo ha effettivamente avuto incidente di percorso, ma di quelli minori, checché se ne pensi. Ha ragione il premier quando afferma che “nell’approvare una legge sul rendiconto il cui contenuto è inemendabile il parlamento conferisce una copertura legislativa al procedimento di accertamento e verifica dell’anno precedente. In caso di votazione negativa di una Camera è del tutto improprio parlare di sfiducia”. Magari “del tutto improprio” forse no, ma probabilmente superabile con il classico voto di fiducia riparatore. Il problema è un altro, ed è che il governo non governa, stretto com’è tra una crisi fiscale che si aggrava di settimana in settimana e la necessità di non pestare i piedi alle constituencies dei vari partiti e di parti di essi.

Nel frattempo, sarebbe utile occuparsi di alcuni “dettagli minori” del sistema-paese, come l’apparente irresolvibilità dello sconcio della RC Auto, sulla quale i nostri eroi si esercitano da sempre. Forse chi si occupa di salvare il paese a colpi di Mattarellum considererà questo come un fastidioso dettaglio mondano, ma è la somma di questi “fastidiosi dettagli” che sta stringendosi sempre più attorno al collo del paese, tasse incluse. Certo, su un punto il premier ha tragicamente ragione: se la maggioranza è in decomposizione, l’opposizione è pure peggio, oscillante com’è tra ammiccamenti furbetti a movimenti di piazza che non hanno capito un accidente su quali simboli contestare, scomuniche a sprovveduti compagni che sbagliano , nel continuo e patetico tentativo di costruire dei rassicuranti Pantheon che regolarmente franano sulle loro teste e strabiche adesioni à la carte alla celeberrima lettera della Bce, il cui testo nei giorni dispari è accusato di darwinismo sociale ed in quelli pari preso a modello assoluto.

Nel frattempo, il Btp decennale è oggi giunto a rendere quasi il 5,8 per cento, tornando ai livelli dell’incubo di inizio agosto; lo spread con il Bund decennale ballonzola intorno a 370 punti-base; quello con la Spagna è ai nuovi massimi; la Bce pare che compri Btp ma non è chiaro perché ed in prospettiva di che; Mario Draghi ribadisce parole di grande saggezza, che peraltro sono parte dell’unico, vero programma di governo a cui il paese dovrebbe tendere. Ma i nostri indignados alle vongole sono sulla stessa lunghezza d’onda di Berlusconi: quella che porterà il paese ad un esito greco.

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