L’indice Markit dei direttori acquisti del settore manifatturiero mostra, per il mese di ottobre, un valore di 47,3 per l’intera Unione europea, contro un livello di 47,3 nel mese di settembre. Valori dell’indice inferiori a 50 indicano contrazione. Più interessante è la disaggregazione per paesi, che mostra un tracollo per il nostro paese.
Mentre l’indice tedesco passa da 48,9 a 49,1, riuscendo quindi a frenare la discesa ed avvicinarsi all’invarianza, e mentre l’indice francese riesce a limitare i danni passando da 49 a 48,5, il dato italiano è realmente terribile, passando da 48,3 a 43,3, a fronte di attese per un livello di 47,2. Ciò significa che, nel mese di ottobre, la manifattura italiana è letteralmente crollata, toccando livelli simili a quelli che, nel percorso verso l’inferno, erano stati seguiti da Grecia, Portogallo e Irlanda.
Quello che appare chiaro è che l’economia italiana, dopo l’estate, è entrata in una fase di sofferenza molto acuta, i cui effetti reali verranno percepiti con un colpevole ritardo solo tra alcune settimane, sulla rilevazione di Pil, ma che già ora stanno iniziando a emergere, ad esempio col dato di disoccupazione di settembre. Scopriremo tra pochi giorni quanto è stato fasullo il dato di agosto di produzione industriale. Detto incidentalmente, se Fiat darà seguito a quello che tutti sanno ma nessuno dice apertis verbis (il disimpegno dall’Italia), i dati manifatturieri dei prossimi mesi diventeranno un bollettino di guerra.
Se qualcuno, dalle parti di Palazzo Chigi e dell’opposizione, o tra la nostra leggendaria intellighenzia parolaia, pensa che una patrimoniale basti per chiudere la partita, farebbe bene a riflettere attentamente.