Affondati – 4

Intervistato dal Corriere, Giuseppe Guzzetti, presidente dell’associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio, ritiene di dover ribadire la narrativa delle fondazioni come elemento di stabilizzazione della realtà bancaria italiana, anche al prezzo di alcuni vistosi sbreghi alla realtà delle cose.

Tanto per cominciare, Guzzetti rivendica alle fondazioni la cosiddetta stabilità delle banche italiane:

«Le Fondazioni hanno aiutato le banche a restare solide senza un euro di soldi dei contribuenti, come invece è avvenuto in altri Paesi d’Europa e negli Stati Uniti»

Questa argomentazione ricorda quelle utilizzate da Berlusconi e dal suo governo, quando volevano a tutti i costi acquisire il merito del basso grado di indebitamento delle famiglie italiane ed i relativamente bassi rapporti esistenti in Italia, per consolidata tradizione, tra mutui erogati e valore dell’immobile. La realtà è che le banche italiane non sono saltate sull’immobiliare perché in questo paese non c’è stata alcuna bolla immobiliare, a differenza che altrove. Continua a non essere chiaro quale sarebbe stato il ruolo delle fondazioni, ma non sottilizziamo.

Guzzetti prosegue avventurandosi nella difesa dei chinese walls tra fondazioni e banche, rivendicando che, già dal 2003, “i membri degli organi di amministrazione, controllo e direzione delle Fondazioni non possono sedere negli organi delle banche conferitarie, né delle sue partecipate”. Verissimo, ci mancherebbe. Il problema non sono le compresenze tra board di Fondazioni e banche conferitarie, ma il fatto che vertici delle prime possano passare nelle seconde senza soluzione di continuità, cioè senza che sia trascorso un opportuno “periodo di decantazione”. E non è questione di lana caprina ma conferma l’assoluta contiguità tra controllore e controllata, all’ombra della quale si formano e prosperano posizioni di pesante rendita politica ed individuale.

Altro riferimento guzzettiano è quello relativo alla “cessione del controllo” della conferitaria da parte della fondazione. Le cose non stanno esattamente in questi termini, diciamo. C’è almeno una enorme eccezione alla regola, sotto i riflettori, e liquidare la crescente tendenza all’indebitamento da parte delle fondazioni per mantenere i rapporti di forza nelle compagini azionarie della conferitaria come “far la propria parte” dimostra solo l’imbarazzo di chi vive e respira politica da sempre, incluse le ipocrisie tipiche della medesima. Presentare chiavi di lettura della realtà che sono solo verosimili ma tutt’altro che vere non fa un buon servizio agli interessi delle fondazioni e della loro missione istituzionale.

Come l’osservazione sulla contendibilità delle banche conferitarie. In primo luogo, tra le fondazioni c’è chi si è letteralmente suicidato per evitare tale contendibilità, minando dalle fondamenta il proprio ruolo istituzionale e “filantropico”; secondariamente, ma non troppo, la contendibilità è emersa in conseguenza del crollo di capitalizzazione delle banche, colpite dalla Grande Recessione che ha drammaticamente messo a nudo la distruzione di valore che per molti anni ne ha caratterizzato la gestione. Non si tratta, contrariamente a quanto Guzzetti suggerisce, neppure troppo subliminalmente, di azioni deliberate alla creazione di valore, e del valore della contendibilità.

Quanto alle altre considerazioni, benissimo il grido di dolore sulla lacerazione della rete di welfare del nostro paese. Altrettanto commovente quello sull’emergenza-infanzia. Ma resta il quadro di fondo di un modello proprietario che sta giungendo al capolinea, per effetto della crisi. Resistere a questa tendenza “naturale” potrebbe causare guasti molto severi al settore creditizio e, di conseguenza, all’economia del paese, già in ginocchio. Serve una riorganizzazione lungo linee guida omogenee dei rapporti di proprietà. La mistica del “presidio del territorio” mostra ormai tutto il proprio fallimento storico. Certo, finché i progetti di riforma sono solo sterili esercizi onirici, seguiti da pura propaganda che nega la realtà della disfatta, invocare l’emergenza-infanzia per rilegittimare la manomorta partitica sul credito ed un fallimento che è ormai sotto gli occhi di tutti, ci porterà dritti sugli scogli.

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