Facciamo silenzio, per favore

Dopo quanto accaduto stamane a Brindisi, siamo ancora in quella terra di mezzo che sta tra lo sgomento e la rabbia, da un lato, e le domande su movente e mandanti dall’altro. Vedere il volto di una ragazza di sedici anni, solare come potrebbero e dovrebbero essere tutte le giovani vite, malgrado quello che ci accade quotidianamente e le profonde incertezze che ci avvolgono, sapere che quel sorriso è stato spento per sempre, e il modo in cui ciò è avvenuto, è qualcosa che ti scava dentro una voragine. Ma la secondo reazione ed il secondo stato d’animo è l’insofferenza per tutte queste dichiarazioni, “analisi”, ricostruzioni di qualcosa che si sta faticosamente cercando di mettere a fuoco, nella sua disumanità.

Per questo ora servirebbe il silenzio, ma non lo avremo. E’ la natura stessa dei social network che causa questo frastuono. Liberatorio ma anche avvelenatore. Anche quello che state leggendo in questo momento contribuisce a questo inquinamento, per certi aspetti. Viviamo tutti in un paradosso.

Chi scrive prova ancora una profonda vergogna per aver interpretato, a caldo, come una strage di matrice islamica l’eccidio perpetrato l’estate scorsa dall’animale norvegese Breivik. Fu un errore imperdonabile, ingiustificabile, inammissibile, soprattutto per chi è così presuntuoso da credere di avere la capacità di analizzare le situazioni senza cedere a quegli stessi luoghi comuni e riflessi condizionati da cui la nostra nevrotizzata società è minata. Eppure è accaduto.

Anche per questo, leggere cose di questo tipo a poche ore dal momento in cui una giovane vita umana è stata spenta, provoca un incoercibile senso di nausea ed il desiderio di spegnere questa giostra infernale che ci irretisce illudendoci di essere al centro di una “agorà della consapevolezza” e che proprio per questo ci priva di freni inibitori, che forse non abbiamo mai avuto. Tacciamo tutti per un momento, per favore.

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