I gemelli Padoan e quelle sensazioni sugli 80 euro

di Vitalba Azzollini

Le parole sono importanti”, specie se pronunciate dalla stessa persona in occasioni diverse, a pochi giorni di distanza, riguardo ai medesimi temi. Il ricordo ancora lucido di quanto detto la volta prima consente ai terzi di fare immediati raffronti e, talora, di rilevare palesi incoerenze. Sono le situazioni che questo sito web qualifica come “guerra tra gemelli” o in modi similari.


Il riferimento stavolta è al ministro Padoan che, qualche giorno fa, ha invitato le forze politiche a formulare “proposte misurabili e quindi credibili, precisando che “non tutte le promesse sono realizzabili” e che “la credibilità di una proposta dipende dalla sua realizzabilità”.

Non si può che concordare col ministro dell’Economia, soprattutto con riferimento a certe promesse pre-elettorali. Del resto, da anni, in sede UE e in molti ordinamenti, le proposte dei policy maker devono essere accompagnate da un’analisi che, in via preventiva, ne offra una giustificazione trasparente, comparando i vantaggi e gli svantaggi di varie ipotesi di intervento, anche in termini di costi per lo Stato e di aggravi per cittadini e imprese; esponga le ragioni per cui una determinata opzione è preferibile rispetto alle altre, nonché un attendibile scenario del suo futuro funzionamento; fornisca indicatori quantitativi che consentano di verificarne, decorso un tempo congruo, il grado di raggiungimento.

A tutto questo andrebbe aggiunto pure uno studio di fattibilità della proposta: perché anche la migliore, se resta inattuata per carenza di risorse (finanziarie, umane, tecnologiche ecc.), non vale più di un mero slogan. Detto questo, è ancora più chiaro il motivo per cui sono apprezzabili le parole del ministro: le promesse elettorali devono essere quanto più accurate, affinché l’elettorato possa giudicarle prima del voto e, poi, sindacarne sia la realizzazione sia i risultati. Peccato che l’altro gemello Padoan, in un’intervista di qualche giorno prima, a proposito del bonus 80 euro, avesse usato un approccio diverso:

«Io avrei tagliato prima le tasse alle imprese, in modo che assumessero. Ma Renzi disse: no, siamo in una fase recessiva, dobbiamo sostenere le famiglie; e impose gli 80 euro. Devo riconoscere che aveva ragione lui»

Per quale motivo aveva ragione Renzi? Questo Padoan non lo dice, ma avrebbe fatto bene a spiegarlo, per consentire a chiunque di capirlo, con la precisione e la trasparenza auspicate dal suo gemello nell’intervista citata all’inizio. In assenza di spiegazioni, può essere utile un esame del caso concreto, per dimostrare che solo obiettivi definiti preventivamente e provvisti di chiari indicatori di risultato consentono poi di verificare se i risultati sono stati davvero raggiunti. Dunque, la proposta “80 euro” – la cui bontà è assodata tout court per il secondo gemello – era ex ante “misurabile”, quindi, “credibile”, in conformità a quanto afferma il primo gemello, sì da poterne verificare ex post funzionamento ed effetti? Un articolo de La Voce aiuta a rispondere alla domanda:

«Il giudizio sull’efficacia del bonus è stato molto controverso fin dalla sua introduzione, poco prima delle elezioni europee del 2014, perché il provvedimento non è stato preceduto da una valutazione tecnica sui costi e sui benefici relativamente all’intero impianto del bilancio pubblico e al costo opportunità di misure alternative per perseguire gli stessi obiettivi di politica economica, pur se meno spendibili sul mercato del consenso»

Dunque, il cosiddetto bonus Renzi non è stato oggetto di preventiva ponderazione in termini di costi-benefici, né è stato preceduto da un confronto ragionato fra opzioni diverse, che ne avrebbe fatto considerare il costo opportunità, rendendone in qualche modo stimabili gli effetti. Del resto, che si trattasse di un bonus da spendere sul “mercato del consenso”, dunque “elettorale”, è stato confermato di recente, sia pur con l’acrobatica excusatio che esso è espressione del populismo “buono”, quello renziano, utile a contrastare il populismo “cattivo” di tutti gli altri (“favola” realizzata con i soldi dei contribuenti). Ma andiamo oltre.

Un altro scritto spiega in modo ancor più evidente come il bonus Renzi sia il tipico esempio di un mezzo imperfetto che persegue fini confusi: le qualificazioni, differenti di volta in volta, che ne sono state date hanno reso sin dall’inizio difficile valutare la bontà dello strumento in funzione di un traguardo preciso. Infatti, in alcune occasioni “è stato presentato come una misura per far aumentare i consumi, in altre come ‘la più grande opera di redistribuzione mai fatta in Italia’ (…), altre volte come un pezzo del ‘taglio delle tasse più sostanziale della storia’”. Peraltro, lo scritto dimostra come ciascuno di questi obiettivi avrebbe potuto essere perseguito più efficacemente ricorrendo a strumenti diversi.

La circostanza che la confusione ex ante circa il “disegno” della misura si traduce ex post in confusione circa i risultati viene attestata dal citato articolo de La Voce: “i pochi studi disponibili mostrano (…) le difficoltà relative al calcolo degli effetti sull’obiettivo principale: la crescita dei consumi privati nel 2014”. L’articolo richiama studi che giungevano a conclusioni opposte circa gli impatti dell’intervento; poi uno studio più recente della Banca d’Italia, che per il 2014 quantifica l’effetto del bonus – costato 5,9 miliardi di euro – in 3,5 miliardi di maggiori consumi: stima forse troppo ottimistica, secondo l’autore.

Date le perplessità degli esperti, dunque, come fa il gemello Padoan ad essere così certo che “aveva ragione Renzi”, e non invece chi proponeva in alternativa un taglio al costo del lavoro, cioè Padoan stesso? Chi può dire se il taglio avrebbe avuto impatti più apprezzabili? Qualcuno può dirlo forse, dato che, per una volta, vi sono evidenze circa una proposta formulata dalla Fondazione Hume, mai realizzata, tesa proprio a ridurre il costo del lavoro: la somministrazione di tale proposta a un gruppo di riferimento – evidence based significa anche questo – ha consentito di definire la “reattività” delle imprese alla proposta stessa e, quindi, il suo “moltiplicatore occupazionale”.

Tale metodo empirico e trasparente – usuale in Paesi ove alle politiche non si attribuisce una presunzione di efficacia – attiene a una misura provvista di un obiettivo chiaro, preciso e misurabile, del cui conseguimento il decisore-proponente deve rendere conto con altrettanta esattezza. Insomma, ciò che auspica il primo gemello Padoan e che il cosiddetto bonus Renzi non sembra consentire, con buona pace del secondo gemello. Ma, in fondo, ne basta solo uno per dare ragione all’ex Presidente del Consiglio.

P.S. Serve un’altra conferma sull’esistenza di due Padoan? Si torni con la mente alla commissione banche, agli incontri di Boschi con vari ed eventuali e alla dichiarazione di uno dei gemelli:

«Ho appreso di questi specifici incontri dalla stampa», «io non ho autorizzato nessuno e nessuno mi ha chiesto un’autorizzazione, la responsabilità (del settore bancario, ndr) è in capo al Ministro delle finanze che d’abitudine ne parla con il Presidente del Consiglio»

Tutto chiaro: di banche parla il ministro o autorizza qualcuno a farlo. Ma l’altro gemello Padoan dissente:

«il problema di autorizzazione semplicemente non si pone, non è che dovessi autorizzare alcuno»

Sono “gemelli diversi”, indubbiamente.

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