So che non è esattamente un evento destinato a cambiare il corso della storia, ma ieri il M5S ha presentato la sua cosiddetta piattaforma per le elezioni europee, articolata in dieci punti. Si tratta di un pregevole esercizio di satira di cui merita dare conto, ma anche della rappresentazione amplificata e deformata di un tratto culturale dominante di questo paese: l’arte dello scrocco. Qui elevata a scala continentale.
Prendete il punto 1, ad esempio:
Salario Minimo Europeo per tutti i lavoratori
In Italia come in Europa, vogliamo un salario minimo orario: i diritti di chi lavora sono al primo posto. Stop alle delocalizzazioni, la manodopera deve avere lo stesso costo in tutta l’Unione Europea.
Avete letto bene: la manodopera (sic) deve avere lo stesso costo in tutta l’Unione europea. I differenziali di produttività scompaiono magicamente, e oplà! I pentastellati hanno di recente scoperto il concetto di salario minimo e quindi non perdono occasione per ricicciarlo ad ogni opportunità; anche per disfunzioni endocrine, all’occorrenza.
Alla fine, la proposta grillina (ma serve chiamarli ancora così?) va ben oltre quella, già di suo priva di senso, di Giuliano Pisapia, che lo scorso 24 aprile presentava a La Stampa la sua levata d’ingegno:
Serve un salario minimo europeo pari al 60% dello stipendio medio di ogni Stato.
Sarà che io sono arido e mi difetta la fantasia, ma vorrei capire a che serve esattamente una misura del genere, visto che ogni paese ha differenti livelli di produttività e differente fiscalità sul lavoro. Boh. Ma torniamo alle nostre pecore, per dirla alla francese. Anche se qui forse sono capre.
La cosa più desolante è che ci saranno elettori disposti a votare per il cosiddetto programma pentastellato sulla base di questo punto. “Ehi, presto, salario minimo uguale per tutti in tutta Europa!”. Ma quello bulgaro, romeno o tedesco? Ah, saperlo.
Tra gli altri punti, i grillini vogliono “investire miliardi” per dare lavoro, oltre ad esigere che
Le famiglie italiane vanno sostenute nel Welfare con le stesse tutele esistenti in altri Paesi europei.
Sarebbe futile segnalare ai nostri baldi demiurghi che gli “altri paesi europei” hanno fatto scelte di allocazione delle loro risorse fiscali, giuste o sbagliate che siano. È difficile commentare una simile idiozia. Vuoi il welfare degli altri? Vuoi il quoziente familiare francese, o il welfare svedese? Pagatelo senza rompere le palle con questa ormai plateale mendicità. Ma anche il punto 7 non è male:
Stop ai cervelli in fuga. Teniamo in Italia i nostri giovani e facciamo tornare chi è scappato. Più investimenti dall’Europa su istruzione, ricerca e per le start up innovative.
Esattamente, che c’entra l’Europa con il rientro dei cervelli in fuga? Il punto è che (sorpresa, sorpresa) qui si stanno semplicemente chiedendo più soldi comunitari all’Italia. Siamo la Cassa del Mezzogiorno d’Europa.
Il punto 8 reitera il concetto del Superstato che i grillini vorrebbero, quello dove tutti sono uguali:
Tuteliamo i marchi storici del Made in Italy dalle contraffazioni e per impedire le delocalizzazioni selvagge con una legge europea apposita.
Una “legge europea apposita” per impedire le delocalizzazioni che significa, esattamente? Che viene eliminata la mobilità dei capitali e le aziende decotte restano in vita con un bel sondino alimentato a soldi dei contribuenti europei?
Avevo già analizzato il cosiddetto programma pentastellato per le politiche dello scorso anno, che era un cumulo di fantasiose stronzate; ora il cosiddetto programma “europeo” va oltre ma avendo purtroppo perso la fantasia. Stessi stipendi in tutta Europa, blocco della mobilità dei capitali (in uscita, ergo anche in entrata: ricordatelo, fessacchiotti), sussidi per l’Italietta che ha le sue “startup” da coltivare (pizzerie incluse) e far rientrare i suoi cervelli, e così spero di voi.
In pratica, per mano e bocca del Movimento, il paese più sgovernato d’Europa (non da oggi, sia chiaro) ha deciso di salire in cattedra e levare il ditino ammonitore verso gli altri, chiedendo una folle omogeneizzazione. Interessante, comunque: messe in soffitta le spinte all’uscita da Ue ed euro, forse dopo aver visto i sondaggi e la loro evoluzione, il pendolo si è spostato dalla parte opposta. Una sorta di ristorante con sussidi: “voglio quello che hanno preso i tedeschi, pagano loro!”. Non esistono pasti gratis? Lo vedremo: noi italiani cercheremo di confutare questa austera vulgata.
Che poi è un po’ la rappresentazione, ulteriormente deformata, della mentalità mainstream italiana. Quella che “quel che è mio è mio, quel che è tuo è mio”; la mentalità della “solidarietà asimmetrica”, quella che chiede sussidi per sé ma da pagare con tasse rigorosamente altrui. Paghi qualcun altro, siamo italiani. Abbiamo anche un imponente risparmio privato, come diciamo ossessivamente quando vogliamo “garantire” la solvibilità del nostro debito pubblico, no?
Nel frattempo, per la serie “come è andata a finire”, vi presentiamo un pregevole video di mesi addietro del vicepremier e bisministro. Che si somma al rosario di puttanate sciorinato negli ultimi anni, da miliardi di “sprechi” da recuperare al “team mani di forbice” alla lotta agli immancabili “grandi evasori”. Un vero peccato che praticamente nessuno dei nostri watchdog da riporto gliene chieda conto.