La pietra filosofale chiamata monetizzazione

Mentre attendiamo che i capi di stato e di governo europei trovino la quadratura del cerchio per gli ormai mitologici Recovery Bond (sovvenzioni o debito?), proviamo a fare un po’ di ordine sul concetto di “monetizzazione”, che da qualche tempo pare essere sulla bocca e nei pensieri di molti italiani come ultimo e definitivo proiettile d’argento.

Intanto, cosa è “monetizzazione”? Partiamo da qui. La Treccani ci dice

Mil disavanzo pubblico di uno stato, finanziare un disavanzo del settore pubblico mediante indebitamento nei confronti della banca centrale e immettendo, di conseguenza, base monetaria nel sistema economico.

So che molti economisti a questo punto avranno alzato tutti i sopraccigli disponibili, ma per ora facciamoci bastare questa definizione. Perché in giro si dice che “La Federal Reserve, la Bank of Japan e la Bank of England stanno monetizzando di fatto il deficit”? Attenzione: di fatto.

La risposta la potete trovare in questo commento di Adair Turner, già capo della britannica Financial Services Authority. Una banca centrale che acquisti titoli del debito pubblico e li tenga in permanenza nel proprio bilancio, rinnovandoli ogni volta a scadenza, realizza un finanziamento monetario permanente del deficit, in forma implicita.

Quanto ai timori di iperinflazione, Turner ritiene che siano fuori luogo, in un contesto di depressione deflazionistica. E sia, non ho problemi con questa affermazione. I problemi arrivano quando si afferma la possibilità di limitati e selettivi interventi di monetizzazione. In parole povere, “smetto quando voglio” (di monetizzare). Siamo sicuri? E qui entra in gioco la politica e la sua esistenziale ricerca di scorciatoie.

Nei giorni scorsi abbiamo letto altri esponenti britannici di questa scuola di pensiero, tra cui l’ex governatore Mervyn King, affermare cose del tipo “se l’inflazione dovesse iniziare a rialzare la testa a seguito della monetizzazione, alzeremmo i tassi e risolveremmo”. Siamo sicuri di poterlo fare, causando il panico sui mercati finanziari e nell’economia reale, e proprio nel momento peggiore?

E qui torniamo al “si fa ma non si dice”: monetizzare il deficit senza esplicitarlo. Contando sul fatto che gli agenti economici continuino a bersela, cioè a credere che la banca centrale non stia creando base monetaria all’impazzata. Che quella base monetaria si trasformi in effettiva offerta di moneta, determinando inflazione, è altra dinamica ma per ora ignoriamola. Sinora, diciamo dalla Grande Crisi Finanziaria, l’aumento abnorme di base monetaria non si è trasformato in corrispondente offerta di moneta, e ciò ha permesso a molti di prendere coraggio ed invocare la monetizzazione esplicita.

Io penso sia una questione di credibilità delle banche centrali: cioè gli agenti economici sanno che non si arriverà a monetizzare il deficit a pie’ di lista perché, se così fosse, tutti cercherebbero di disfarsi il più rapidamente possibile della moneta, facendone aumentare vertiginosamente la cosiddetta velocità e producendo infine una esplosione inflazionistica.

Detto in altri ed ulteriori termini, si può monetizzare ma in modo del tutto limitato ed eccezionale, comunicando con forza questa natura temporanea dell’operazione, per preservare la credibilità della banca centrale ed evitare che gli agenti economici inizino a far girare vorticosamente i soldi, per liberarsene, in un caratteristico gioco del cerino. In altre parole, l’elicottero dei soldi lancia poca roba ed ha autonomia molto limitata. Leggete questo post di Tommaso Monacelli e salvatelo pro futuro.

Torniamo ad Adair Turner ed alle sue suggestioni. La credibilità: ecco quello che può neutralizzare o mandare fuori controllo una policy di monetizzazione:

Paradossalmente, l’unico pericolo con questo approccio è che le banche centrali siano troppo credibili. Se gli individui o le aziende ritengono che la promessa dei policymaker non consentirà mai il finanziamento monetario e che tutte le operazioni di QE saranno definitivamente annullate, si aspetteranno che tutto il nuovo debito pubblico debba essere rimborsato dalle imposte future. E l’anticipazione di tale onere potrebbe deprimere i consumi e gli investimenti oggi.

Perfetto. Se la banca centrale è “troppo credibile”, cioè promette che ogni forma di QE verrà alla fine invertita, gli agenti economici potrebbero reagire scontando futuri aumenti di tasse e tagli di spesa pubblica, aumentando oggi il risparmio precauzionale e gelando l’economia, neutralizzando l’espansione monetaria. Se la banca centrale cessa di essere credibile, gli agenti economici si libereranno della moneta che scotta, provocando inflazione.

Anche suggerimenti “creativi” che tentano di conciliare l’indipendenza della banca centrale con operazioni di monetizzazione esplicita, come quello avanzato da Ben Bernanke, non sfuggono a questo rischio. Se la politica chiede alla banca centrale un X% di monetizzazione, cioè uno “scoperto di conto” da tirare quando serve, cosa impedisce che domani quella richiesta arrivi a 2X%, 5X% o nX%? Possiamo stupirci di un simile esito? No, vero?

Ecco perché nei giorni scorsi la Bank of England ed il Tesoro britannico, annunciando che quest’ultimo ha facoltà di “tirare” dal suo scoperto di conto, si sono premurati di dire che quello scoperto verrà chiuso entro fine anno, e che l’operazione serve solo per esigenze di celerità operativa, cioè è temporanea. Se ciò è vero o meno, si valuterà più avanti.

Ma pensate ad un paese sudamericano europeo sull’orlo del dissesto, con una classe politica di inetti demagoghi ed analfabeti funzionali, che decida che serve monetizzare per raggiungere la felicità. “Mi serve solo il 5% del Pil, smetto quando voglio”. L’anno dopo diventa

Mi serve quel 5% ed un altro 5%, ci sono stati imprevisti, il destino cinico e baro, il cane si è mangiato i miei compiti, le cavallette, l’Olanda! Ma nessun problema, ora “attingo” alla enorme ricchezza futura che questo meraviglioso paese produrrà, appena finita questa temporanea situazione di emergenza.

E così via. Vi è più chiaro, ora?


Photo by Petra Wessman on Flickr

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