E Orban privatizzò lo stato

Questa settimana, il parlamento ungherese ha approvato una legge che crea una serie di fondazioni che, secondo l’opposizione, consegneranno agli amici del premier Viktor Orban il controllo delle istituzioni culturali e di istruzione superiore del paese. Il voto parlamentare, dove Fidesz, il partito di Orban, controlla i due terzi dei seggi, assegna alle neo costituite formazioni fondi di dotazione attraverso il conferimento di beni dello Stato, tra cui aziende e azioni di società quotate.

La maggioranza di tali fondazioni controlleranno le università, e avranno consigli di amministrazione in grado di perpetuarsi per cooptazione. Lo scorso anno la costituzione ungherese è stata cambiata per sancire che per modificare il governo di tali istituzioni servirà una maggioranza parlamentare di due terzi.

Oltre quindici università hanno sinora optato per lasciare il controllo statale e spostarsi sotto quello delle nuove fondazioni, con la promessa di più fondi per ricerca e stipendi. Il governo ungherese presenterà un Recovery Plan che assegna alle fondazioni ben il 20%, pari a 2,8 miliardi di euro, dei fondi europei spettanti al paese. Richiesta che ha prodotto una lettera di alcuni europarlamentari alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, affiché blocchi la richiesta.

Fondazioni private di diritto pubblico

Di fatto, tale legge crea delle università private di diritto pubblico mediante dotazione di beni statali, consentendo all’esecutivo di sceglierne i fiduciari, direttamente o indirettamente. Non solo: lo Stato si riserva la facoltà di revocare i fondi di dotazione in caso le istituzioni perseguissero obiettivi ad esso non graditi. Queste fondazioni diverrebbero, per legge istitutiva, dei veri e propri asset manager di beni dello Stato, con obblighi di rendicontazione molto attenuati.

Attraverso la ferrea presa su università e cultura, Orban potrà gestire la distribuzione di risorse del patrimonio pubblico e presidiare l’agenda culturale del paese, improntata a illiberalismo e nativismo, che tanto entusiasmo suscita presso alcuni personaggi della destra italiana.

Negli ultimi due anni, Orban si è in effetti dedicato al mondo dell’università. Dapprima cacciando dal paese quella fondata e finanziata dal miliardario finanziere di origine ungherese George Soros, autentico spaventapasseri del cospirazionismo globale di osservanza antisemita, che si è spostata a Vienna.

Arriva l’Università di Fudan

In seguito, prendendo accordi con la Cina per aprire nel paese la succursale dell’università di Fudan, impegnandosi a costruire un mega campus con un prestito di 1,25 miliardi di euro dal governo di Pechino i cui termini, tanto per cambiare, non sono noti. Mentre noto è il modus operandi: maestranze cinesi, progetto a scatola chiusa di costruttore cinese. Le richieste di informazioni provenienti dalla commissione parlamentare sulla sicurezza nazionale sono cadute nel vuoto.

La decisione, che ha scatenato una disputa col sindaco di Budapest, che puntava a creare sulla stessa area la “Città dello Studente”, presenta rilevanti profili di rischio per la stessa Ue ma anche per la NATO, di cui l’Ungheria è parte. L’Università di Fudan è considerata la scuola di élite del Partito comunista cinese e ha legami con i servizi di intelligence del paese. In Ungheria, l’ateneo cinese dovrebbe formare anche personale diplomatico.

Prosegue quindi il disegno di Orban di blindare il proprio potere, guardando con spregiudicatezza a Est, mentre rifiuta decadenti concetti liberali come stato di diritto e sistema di pesi e contrappesi. Il tutto continuando a farsi inondare di denaro europeo. Praticamente il modello di vita di qualche politico italiano.

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