Consumatori. Di denaro pubblico

Su noiseFromAmerika Marcello Urbani riprende un articolo pubblicato giorni addietro sul Corriere, il cui soggetto va posto a pieno titolo nella categoria “casta e dintorni”. Parliamo delle leggendarie associazioni dei consumatori, quelle i cui esponenti trascorrono le giornate tra una comparsata e l’altra in trasmissioni “di servizio”, passando veline ad agenzie di stampa e telegiornali (che le rilanciano ovviamente senza riscontro alcuno, essendo in Italia), dove si favoleggia di 200 euro in più per la benzina, 300 per le ferrovie, 2000 per il mutuo, 400 per lo spazzolino e la carta igienica, per “un esborso totale di 1000, ma che dico? 2000, anzi no 3000 euro annue per famiglia, siori e siore!”. Al termine di un roundtrip di annunci di questo tipo, si finisce col credere che ogni famiglia-tipo (tipo de che?) subisca un aggravio annuo di alcuni milioni di euro.

Bene, scopriamo che le associazioni dei consumatori “più rappresentative”, che poi sono quelle che per prime sono riuscite a farsi cooptare dal sistema partitico, meglio se di sinistra (perché il liberismo è di sinistra, s’intende), sono gioiosamente foraggiate da denaro dei contribuenti fino all’80-85 per cento del proprio budget, ed hanno creato un bel cartello dal nome sovietico di CNCU, Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti, dall’interno del quale si menano vigorosi fendenti per accaparrarsi crescenti quote di soldi pubblici. Pensate che splendido stato liberale è l’Italia! Come scrive Urbani,

(…) le associazioni dei consumatori sono un’ulteriore emanazione dello stato. Invece dell’emergere della società civile in Italia abbiamo la sua incorporazione nell’apparato dello stato e l’assimilazione dei suoi dirigenti a membri della casta.

E’ il modello “liberale” italiano, quello dove capipartito e capibastone si pongono alla confluenza dei fiumi di denaro pubblico e ne deviano il corso, a proprio beneficio di brokeraggio. Perché vedete, non è che il conflitto d’interessi si limiti a minare alla radice l’azione politica del capo dell’opposizione. No, il conflitto d’interessi è parte integrante della genetica cleptocrazia social-statalista italiana. E così, ecco l’ultimo sottoprodotto dell’italica poltiglia: le associazioni dei consumatori, guidate da soggetti che non riescono a discernere tra tendenze locali e tendenze globali, che vogliono nazionalizzare il sistema bancario solo perché non riescono a capire cosa è l’autonomia contrattuale, né cosa è la vera concorrenza, che proprio non ci arrivano a scoprire la differenza tra prezzo del petrolio e prezzo della benzina, che continuano a vomitare dati e cifre senza che nessun pennivendolo alzi la manina chiedendo loro “scusi, ma questi dati esattamente da dove diavolo provengono?”.

Alcune di loro, in un recente passato, hanno pure tentato di presentarsi a consultazioni elettorali, riscuotendo consensi pari a prefissi telefonici internazionali, ed hanno da allora preferito farsi cooptare dal sistema dei partiti. Il rendimento è garantito ed elevato. Basta autocertificare il numero dei propri iscritti, col metodo classico delle tessere di partito, ed i soldi pubblici arrivano copiosi.

Quis custodiet ipsos custodies? Piano col latinorum, siamo pur sempre il paese dello sfascio e delle corporazioni. E ne meniamo vanto.

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