Il Financial Times opportunamente ci ricorda che, se Mario Draghi diverrà presidente della Banca centrale europea, il nostro paese disporrà di due membri dell’executive board (cosa che sicuramente scatenerà nuove orgogliose rivendicazioni patriottarde tra le file della maggioranza), mentre la Francia non ne avrà nessuno. Parbleu!
Se è vero che l’endorsement di Sarkozy a Draghi si regge verosimilmente sulla promessa di fare uscire il secondo membro italiano per permettere ai francesi di essere rappresentati, è parimenti vero che nessuno può imporre a Lorenzo Bini Smaghi di dimettersi anzitempo, pena inviare l’inquietante messaggio che la Bce è prona a pressioni politiche (per confutare questo sospetto, vedasi gli imponenti acquisti di titoli di stato greci, portoghesi ed irlandesi degli ultimi mesi, cessati improvvisamente senza fornire motivazione pubblica). Certo, suggerisce il Financial Times, si potrebbe pensare di offrire a Bini Smaghi la guida della Banca d’Italia, ma pare che Giulio Tremonti abbia opzionato quella posizione per l’attuale direttore generale del Tesoro italiano, il bravo Vittorio Grilli.
Previsti quindi mal di pancia nel club della tripla A, i paesi fiscalmente virtuosi del Nord Europa, visto che il Governing Council della Bce si troverebbe ad avere, oltre Draghi e Bini Smaghi, anche un portoghese (Vitor Constancio, vicepresidente della Bce da un anno), uno spagnolo, un tedesco ed un austriaco. Quest’ultimo, tuttavia, sarà sostituito dal primo giugno da un belga (esponente di un altro paese ad alto debito pubblico). Superfluo giungere alla conclusione che qualcuno potrebbe vedere la Bce a rischio di colonizzazione da parte dei peccatori fiscali.