Intervistato quest’oggi dal quotidiano francese le Figaro, il ministro italiano dell’Economia, Pier Carlo Padoan, spiega ai cugini il segreto del nostro successo. Ma di che diavolo di successo parliamo?, vi chiederete. Non ne abbiamo idea ma i toni sono quelli, quindi tanto vale assecondare l’intervistato e cercare di diradare la nebbia.
Padoan spiega all’intervistatore francese il concetto di “patto di stabilità intelligente”, che sarebbe quello in cui, a norme invariate (poiché questa è la nuova strategia italiana), si portano alla luce e si sfruttano i presunti ” molti margini di manovra” delle norme esistenti. E qui, Padoan mostra tutta la sua sapienza politica. Non andiamo in Europa a fare i rottamatori ed i Capitan Fracassa ma a “fare politica”, che è l’arte del possibile, inclusa l’esegesi del quadro normativo esistente. Secondo Padoan, che oggi ha ufficializzato che l’Italia non chiederà alcuna golden rule per il calcolo del rapporto deficit-Pil (sconfessando tutte le speranze indigene di tal genere, alcune decisamente fantasiose),
«L’idea sarebbe di valutare positivamente i paesi che mettono in opera le riforme strutturali, perché gli effetti positivi sulle finanze pubbliche sono reali, ma giungono in tempi abbastanza lunghi»
Questo è il canovaccio diplomatico da intessere con Re Tentenna Hollande e da barattare con la presidenza Juncker della Commissione Ue, cioè con la Merkel (auguri). L’intervistatore chiede a Padoan cosa dovrebbe fare la Francia per “beneficiare della clemenza dei suoi pari sul deficit”. E qui Padoan spiega agli allievi che fare, cronoprogramma incluso. Dopo aver premesso che la Francia ha effettivamente un problema di deficit, a differenza dell’Italia (che ha il maggior avanzo primario d’Europa), ma che Parigi continua a beneficiare di grande benevolenza da parte dei mercati finanziari (“cento punti base meno dell’Italia sui tassi d’interesse”), Padoan emette una buona e benevola pagella sulla bozza di riforme strutturali francesi, che tuttavia “devono essere realizzate”. Poi, con grande nonchalance, Padoan butta lì anche l’orizzonte temporale di realizzazione di tali riforme, per mandare il messaggio a Bruxelles e Berlino:
«Per essere credibile, un programma di riforme deve essere presentato sull’arco di tre anni. Perché bisogna dare certezze ad imprese ed investitori»
Ecco quindi il messaggio per l’Eliseo: facciamo asse, per una volta, e puntiamo su un triennio di sospensione delle occhiute regole fiscali comunitarie, mentre facciamo le riforme. Prendi nota, François. Ciò premesso, quali sono le riforme prioritarie per la Francia? Risponde Padoan: la riforma del mercato del lavoro, per riassorbire la disoccupazione giovanile; la riforma della governance dello stato, per ridurre il numero di collettività locali (come la nostra caotica legge di “riforma” delle province, pare di capire): e qui Hollande ha già promesso di ridurre il numero di regioni (ancora auguri). Da ultimo, rilanciare la produttività , che sinora ha avuto crescita nulla.
Ora che Hollande e Valls hanno i compiti estivi, è tempo di una domanda per Padoan:
L’Italia pensa di dotarsi di un salario minimo, come la Germania?
«No, non è all’ordine del giorno in Italia. Il problema in Italia è che ci sono troppi contratti di lavoro – 40 in tutto!- ed un sistema di sussidi di disoccupazione inefficace. La nostra riforma del mercato del lavoro, presentata al parlamento, punta giustamente a semplificare il mercato del lavoro ed a legare i salari alla produttività del lavoro. Il FMI ha riconosciuto i nostri sforzi di riforma su questi temi chiave»
Ora, per valutare pensieri e parole di Padoan occorre avere sempre sotto gli occhi il ddl delega di “riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione”, per gli amici Jobs Act, quello vero, che affianca, integra ed in prospettiva dovrebbe superare, inglobandola, la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato, da poco approvata.
Nel testo del ddl delega l’ipotesi di introduzione di forme sperimentali di “salario minimo” è ben presente (art.4, punto 1c del ddl delega). Ricordate anche la nostra “ipotesi di lavoro“: un sistema fatto di contrattazione fortemente decentrata (cioè di “retribuzioni legate alla produttività ”, per dirla alla Padoan), puntellato dalla “garanzia” del salario minimo, basso quel tanto che basta per non causare ulteriore aumento di disoccupazione, e contratti di lavoro con monetizzazione dell’uscita, quindi senza alcun obbligo di reintegra, sotto nessuna circostanza. Questo è lo scenario sul quale il vostro titolare scommetterebbe, nel medio termine (diciamo un triennio o anche prima, se la condizione del mercato italiano del lavoro dovesse diventare drammatica).
Ciò detto, non è chiaro per quale motivo Padoan sconfessi l’ipotesi di salario minimo, che pure è nelle linee-guida del ddl delega. Ma tant’è. Mentre reiteriamo l’invito a tenere sempre presente il testo di questa delega, a futura memoria, possiamo concludere che l’essenza politica di Padoan lo porta (immaginiamo con condivisione e beneplacito di Matteo Renzi) ad “offrire” ai francesi questa strategia negoziale con la Germania. Tre anni di pausa dall’ortodossia fiscale contro le mitologiche “riforme strutturali”. Come finirà ? Ah, saperlo. Restate sintonizzati.