Il cuneo temporale

Oggi sul Corriere il vicedirettore Federico Fubini intervista il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, a cui Renzi avrebbe affidato la “cabina di regia” della politica economica. Soprattutto, Nannicini è uno degli ispiratori del Jobs Act, ed in questa veste esprime alcune valutazioni sul mercato del lavoro italiano, le sue presunte metamorfosi ed il suo futuro.

Nell’intervista (qui il video), Nannicini premette che

«Nessuno vuole creare crescita con la droga del disavanzo pubblico in maniera permanente, però ci sono leve di breve periodo da tenere presenti. È un mix di interventi strutturali e congiunturali»

Prendiamo atto con soddisfazione della posizione di Nannicini. Magari il docente della Bocconi potrà esercitare un’autorevole moral suasion sul premier, facendogli capire che non è col deficit che questo paese uscirà dal buco in cui si è cacciato, se mai ci riuscirà. Nell’intervista c’è la reiterazione del solito bizzarro mantra sulla crescita “qualitativa” in luogo di quella quantitativa. Cose del tipo “conta la direzione, non la velocità”. Non impicchiamoci agli zerovirgola, ordunque, anche per senso del ridicolo:

«Intanto però torna il segno più, la ripresa è fragile ma è un punto di svolta. Da rafforzare. Probabilmente il rallentamento di fine 2015 si spiega con quello internazionale, a partire dai Paesi emergenti. Il punto è capire cosa verrà dopo»

“Probabilmente” si, sono i mercati emergenti, e la forza del dollaro, come da quasi un anno un piccolo blog tenuto da un non-economista segnala; ma servirebbe anche che Nannicini invitasse gente come Yoram Gutgeld a smettere di teorizzare follie come il presunto “isolamento” dell’Italia da eventuali frenate internazionali. Ma non vorremmo caricare il sottosegretario di responsabilità eccessive. Nannicini ribadisce che l'”evento epocale” del calo del rapporto debito-Pil si realizzerà nel 2016 (auguri), contesta che l’alleggerimento fiscale si sostanzi solo in quella che è la misura sin qui più demenziale adottata da Renzi, la mancia ai neodiciottenni, ed ha ragione, non c’è solo quella. Ci sono incentivi alla produttività ed alla contrattazione aziendale, c’è il super-ammortamento, il calo Ires dal 2017 (ma la copertura?).

Riguardo al Jobs Act ed alla sua funzione, la posizione di Nannicini è chiara da sempre, e viene ribadita: l’operazione è servita a “riallineare la capacità del sistema produttivo al ciclo economico”. Che, detto in altri termini, significa aver “fluidificato” il mercato del lavoro, consentendo alle imprese di scaricare manodopera durante le fasi di bassa congiuntura, sia a livello individuale che collettivo. La domanda che tutti si pongono è altrettanto lineare: che accadrà quando gli incentivi saranno terminati? Non si corre il rischio che il costo del lavoro rimbalzi ad un livello che ponga immediatamente fuori mercato le “assunzioni marginali”, cioè quelle avvenute col Jobs Act? Ovviamente la risposta è affermativa, a lume di buonsenso.

Ma abbiamo ancora tempo, per apprestare le difese. Ad esempio, agendo per via strutturale sul costo del lavoro per ridurlo, e Nannicini lo sa bene:

Non si rischia che, scadute le decontribuzioni, finiscano le assunzioni permanenti?
«Lo sgravio è una misura congiunturale, temporanea, che deve scendere con un décalage sui tre anni dal 2015 al 2017. E lì si apre la partita del taglio strutturale al cuneo contributivo (la differenza in busta paga tra lordo e netto, ndr) del tempo indeterminato, perché sempre e per tutti un contratto permanente pesi meno in termini di costo del lavoro»

È un annuncio?
«È una sfida. L’istruttoria tecnica e politica è prematura, ma dobbiamo capire come far costare meno il tempo indeterminato, in termini di contributi, senza incidere negativamente sulle aspettative pensionistiche dei lavoratori»

Traduciamo a lume di realtà: l’unica cosa che andava fatta, da inizio legislatura, era una riduzione immediata, strutturale, permanente del cuneo fiscale. Ad esso andava destinata da subito ogni risorsa reperibile. Invece si è scelta la via bizzarra dell’intervento “al margine” e congiunturale, e ad esso sono state immolate imponenti risorse. Ovvio che un “addetto ai lavori” come Nannicini abbia ben presente il problema, anche se non dirà mai in pubblico che il suo premier ha buttato alcuni anni e molti più miliardi per mantenere irrisolto il problema del paese, no? Meglio dire che alcune iniziative sono “congiunturali” e propedeutiche a quelle “strutturali”, che verranno. Il tutto “senza incidere negativamente sulle aspettative pensionistiche dei lavoratori”, che è la quadratura del cerchio.

Ad ogni buon conto, se volete i nostri due cent, dopo il falò della decontribuzione a scadere, saremo costretti al contratto di lavoro aziendale, ed al gradone all’ingiù nelle condizioni retributive che esso implica, a livello aggregato e nel breve termine. Altre vie per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro non ve ne sono, a meno di cominciare misteriosamente a crescere del 3-4% annuo. Ancora una volta, la realtà si incaricherà di spiegare a Renzi (ma soprattutto agli italiani) che non esistono scorciatoie ma solo furbetti e furbastri. Un vero peccato aver perso tutti questi anni però. Ma si sa, oltre al problema del cuneo fiscale, noi italiani abbiamo anche e soprattutto quello del cuneo temporale.

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